Attacco dall'estero/ Serve un argine a chi ci vuole rendere sudditi

di Marco Gervasoni
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Sabato 26 Maggio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:01
Hanno cominciato i giornali inglesi e americani. Si sono accodati quelli francesi, “Libération” e “Le Monde” nel ritrarci «peggio della Grecia». Poi l’“Economist”, con Conte vestito da Arlecchino e definito «servitore di due padroni» L’artiglieria pesante è però partita ieri dalla Germania. Una vignetta con una carretta tricolore che precipita in un burrone, per la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, interventi non proprio gentili della “Suddeutsche Zeitung”. E poi la cannonata del settimanale “Der Spiegel”, in cui noi italiani, quelli che hanno votato per i partiti della maggioranza e poi tutti gli altri, siamo definiti «scrocconi» che, diversamente dai mendicanti, neppure ringraziamo per l’elemosina ricevuta. 

Assai grave poi che nella furia dello “Spiegel” finisca soprattutto Mario Draghi, accusato di aver consentito, con la sua politica monetaria, all’Italia di vivere sopra i propri mezzi, a differenza della Grecia che invece avrebbe pagato. Draghi non ha bisogno di essere difeso: della sua politica monetaria non ha infatti goduto solo l’Italia, e diversi Paesi ne hanno per così dire profittato.

Probabilmente non ne ha tratto giovamento l’economia tedesca, che tuttavia non si è certo impoverita con l’euro, anzi. Ma evidentemente il desiderio di egemonia, vecchia ubbia tedesca, e la sua storica mancanza di elasticità, spingono alcuni suoi ambienti a cercare di colpire due obiettivi in uno. Il primo è Draghi, per prenotare la poltrona della Bce facendo capire che dopo di lui la politica monetaria cambierà. E poi affondare l’Italia, proprio nel momento in cui si sta varando il governo.

L’obiettivo massimo degli ambienti tedeschi, di cui i giornali sono portavoce? Creare una tale tensione da impedire la nascita del governo «populista», per far varare al suo posto un esecutivo tecnico, come nel 2011. Però oggi un tentativo di quel genere porterebbe quasi subito alle elezioni, che verrebbero stravinte dalle forze «populiste». L’obiettivo minimo, e più realistico, di questi attacchi è invece delegittimare a priori il governo, indebolendone l’immagine: quando Conte e i vari ministri si recheranno nelle sedi europee, si dovranno sentire appunto come mendicanti. Tutte queste aggressioni vanno respinte con nettezza. Anche perché trasudano un razzismo di lunga durata nei confronti degli italiani.

Lo «Spiegel», del resto, è lo stesso giornale che, nel 1977, uscì con la raccapricciate copertina di un piatto di spaghetti sormontato da un P38; per dire che quella era l’Italia. Un razzismo, alimentato dagli stereotipi nazionalistici, che sorprende quando viene da giornali favorevoli agli «Stati Uniti d’Europa». Bella fratellanza europea! Una volta rimandate al mittente queste aggressioni, occorre rispondere con intelligenza. In primo luogo, evitare, come invece hanno fatto alcuni organi di stampa e esponenti politici italiani ostili alla nuova maggioranza, di chiamare in soccorso lo straniero per aiutarli contro l’avversario interno: già a suo tempo Machiavelli ci spiegò che era una strategia, più che suicida, demente; così come sarebbe demente gioire per la crescita dello spread.

In secondo luogo, bisogna che ai ministeri economici e degli affari europei vadano figure di competenza, esperienza, autonomia intellettuale dalla sudditanza degli ambienti che ci attaccano. In terzo luogo, dobbiamo evitare di rispondere agli insulti con insulti, agli stereotipi con gli stereotipi: ricalcare sui tedeschi di oggi l’immagine dei nazisti sarebbe ingiusto e controproducente, e del resto nessuno (finora) lo ha fatto.

E infine è necessario stringere altezze intelligenti. Per fortuna i più svegli tra i capi di governo europei hanno già capito che un’Italia euro-critica può essere loro utile: Macron su tutti, da cui ieri sono filtrate dichiarazioni bene auguranti verso il nuovo governo. Se il nuovo esecutivo saprà muoversi imitando machiavellianamente la volpe e il leone, gli articoli dello “Spiegel” resteranno quello che sono: una pagina ignobile nella storia di quel giornale.
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