Via alle consultazioni, Di Maio: «Sì a Lega e Pd, no a Forza Italia». Salvini: «Nessun veto»

Di Maio apre alla Lega e al Pd: «Ma Forza Italia resti fuori». Salvini: nessuno imponga veti
di Diodato Pirone
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Martedì 3 Aprile 2018, 17:35 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 10:46

Un governo a guida M5S, anzi presieduto da Luigi Di Maio, con Partito democratico o Lega. Nessun patto con Forza Italia né con Renzi. E' la posizione delineata ieri dallo stesso Di Maio, in vista delle consultazioni al Quirinale, in una intervista a Di Martedì de La7. L'esponente pentastellato risponde così alla richiesta di concretezza fatta trapelare dal Capo dello Stato e parla di un vero e proprio contratto per il governo da sottoscrivere con Salvini o con i democratici. Con un veto dunque a qualunque alleanza con Forza Italia verso la quale viene sventolata anche la carta di una legge sul conflitto d'interesse. In realtà anche il segnale verso il Pd va interpretato. «E' il nostro primo interlocutore - ha detto Di Maio - In particolare per coloro che hanno lavorato bene come Martima, Minniti e Franceschini». Chiaro il tentativo di spaccare i Dem. Più tardi fonti dei 5Stelle hanno precisato che Pd e Lega sono alla pari sul piano del'interlocuzione politica, una correzione di rotta interpretata come maggiore attenzione verso Salvini.

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Comunque l'intesa con Pd o Lega sarà la posizione dei pentastellati durante le consultazioni col Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il modello di «contratto» a cui ha poi fatto riferimento il leader M5S in serata durante l'assemblea con i parlamentari del gruppo («Non deluderò le vostre aspettative») è quello della Grosse Koalition tedesca fra la Cdu della cancelliera Merkel e la Spd in cui vengono elencati uno per uno i punti di programma da portare avanti dall'esecutivo incaricato. È un programma di governo «perimetrato», in cui è esclusa qualsiasi iniziativa non concordata nel «contratto».

ALTOLÀ
Un approccio molto M5S-centrico quello di Di Maio che, almeno in questa fase delle trattative, potrebbe complicare la soluzione del rebus del governo italiano dopo le elezioni del 4 marzo. A meno che nel centrodestra non si consumi una spaccatura tra la Lega di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

Di certo, almeno per ora, non sembrano esserci spiragli da parte dei democratici. Il capogruppo a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, ha infatti prontamente fatto sapere che il Pd dirà al capo dello Stato di non essere disponibile ad alcun governo che abbia Di Maio o Salvini come premier. Pertanto, la proposta del leader 5 stelle è bocciata come «irricevibile». «Il fatto che Di Maio metta Lega e Pd sullo stesso piano e voglia dettar linea e organigrammi agli altri partiti è un pò ridicolo e dimostra, nell'ordine, ricerca spregiudicata del potere costi quel che costi, disprezzo per i programmi e per i valori, un preoccupante delirio di arroganza», ha replicato il renziano Dario Parrini.
Ma anche il leader della Lega, Matteo Salvini, tramite Facebook, fa sapere che «a differenza dei 5 stelle, la Lega esclude qualsiasi alleanza di governo col Pd bocciato dagli italiani» e sottolinea che «la coalizione che ha preso più voti è quella di centrodestra e da questa si riparte, dialogando senza veti o imposizioni» L'alternativa? Il ritorno alle urne.

Gli esponenti di Forza Italia non sono da meno. «Berlusconi - chiarisce la capogruppo di Forza Italia, Maria Stella Gelmini - non ha bisogno di legittimazioni da lui essendo stato in questi anni votato da milioni e milioni di cittadini. Non vedo inoltre quale sia l'interesse di Salvini di fare il socio di minoranza a un governo dei Cinque Stelle».
Oggi intanto partono le consultazioni. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riceverà nello studio «alla Vetrata» del Quirinale i presidenti delle Camere, l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, i rappresentanti di Svp, del gruppo Misto di Camera e Senato e Fratelli d'Italia. Domani sarà la volta di Pd, Fi, Lega, M5s.

L'esito finale è ancora un'incognita: un secondo giro di consultazioni potrebbe essere convocato per la prossima settimana ma c'è già chi ne mette in conto un terzo. C'è poi anche chi ipotizza che la situazione possa sbloccarsi solo dopo le regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia (22 e 29 aprile).

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