Giulia Bongiorno: «Io con la Lega? Non sono una riciclata, anche Andreotti oggi sarebbe d'accordo»

Bongiorno e Salvini
di Mario Ajello
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 08:54 - Ultimo aggiornamento: 15:26

Giulia Bongiorno, dall'aldilà Giulio Andreotti non starà credendo a ciò che accade: la sua avvocatessa che diventa super-candidata, ed eventualmente ministra, della Lega. Sta dando un dispiacere al Divo Giulio?
«Nient'affatto. Andreotti era una persona senza pregiudizi e molto concreto. Siccome la Lega di Salvini, per prima cosa, ha il pragmatismo nella sua politica, credo che ad Andreotti la mia scelta sarebbe piaciuta».

Ma scusi: i leghisti non sventolavano il cappio contro Andreotti e contro la Prima Repubblica?
«Sì, ma stiamo parlando di tempi preistorici. Oggi lo statista democristiano non avrebbe, al contrario di tanti altri, pregiudizi sulla nuova Lega. Anche perché, oltre che pragmatico, era un tipo curioso».

Lei è stata un simbolo del garantismo, come fa a candidarsi in un partito che garantista non è?
«Non bisogna stupirsi per questa mia candidatura. Per me, garantista significa che un soggetto innocente deve avere tutte le garanzie del mondo, e anche superiori a quelle che ha adesso. Ma una volta che questo soggetto, dopo tutti i gradi di giudizio, viene condannato io non sono favorevole al fatto che la sanzione venga dimenticata e non applicata».

Lei è stata folgorata da Salvini?
«Più semplicemente, ho aderito alla proposta di candidatura perché ho avuto, da molto tempo, più di quello che tanti immaginano, uno scambio di idee con Salvini. Gli ho mandato idee, ho partecipato alla scuola di formazione promossa dall'economista Armando Siri, sono stata a Verona il 25 aprile alla grande manifestazione in favore della legittima difesa ed ero sul quel palco».

Nessun imbarazzo ad essere passata da Fini, a Monti, a Salvini?
«La Lega è un partito che patisce troppi pregiudizi ai suoi danni. Non è fatto di gente rozza. Me ne sono resa conto fin da quando, da presidente della commissione giustizia della Camera, ho riscontrato l'estrema serietà e rigore di molti esponenti di quel partito. Penso per esempio a Nicola Molteni, esperto di giustizia ed esponente importante della nuova Lega, un garantista doc».

Dicono che lei è una riciclata, che indossa un'altra casacca dopo quella finiana e montiana.
«Io resto quella che sono sempre stata. Una persona che crede nel garantismo, accompagnato da regole e sanzioni, e che crede che dietro ogni diritto ci sia un dovere».

Rinnega il periodo finiano?
«Macché. Fini mi ha candidato, poi è finita la legislatura ma non si sono esaurite le problematiche che a me stavano a cuore e ho continuato a sostenerle».

Con Monti?
«Il montismo è stato una prosecuzione lineare del mio impegno con An. Non sono mai passata da un partito all'altro».

Ma non vede che sono tutti stupiti per questo passaggio?
«Questioni di pregiudizi. Si chiamava Lega Nord, sembrava un partito di maschilisti. Anche io avevo una certa diffidenza. Ma poi mi ha colpito la nitidezza di pensiero di Salvini sulle regole e sulle sanzioni. Questo è un Paese in cui ci si è dimenticati cosa sono le sanzioni e il mio impegno è sempre stato contro questo tipo di lassismo».

E davvero concorda con Salvini anche sulla riapertura delle case chiuse?
«Non ne posso più del caos, del far west e della giungla della prostituzione.

Se quella della casa chiusa è una libera scelta della donna, e l'attività viene disciplinata e regolata, non sono sfavorevole».

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