Gentiloni: «Non prometto miracoli, ma la crisi è alle spalle»

Gentiloni: «Non prometto miracoli, ma la crisi è alle spalle»
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Sabato 2 Settembre 2017, 19:22 - Ultimo aggiornamento: 3 Settembre, 10:16

«Io non sono un presidente del Consiglio che promette miracoli. I miracoli li fanno le famiglie e le imprese»: lo ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni nel suo intervento al forum Ambrosetti di Cernobbio, sul lago di Como, rivendicando i risultati raggiunti.

«Abbiamo recuperato l'equilibrio dei conti pubblici senza ammazzare la crescita. È un sentiero stretto che funziona», ha continuato il presidente del Consiglio,  parlando a una alla platea in cui sedeva anche il grillino Luigi Di Maio, insieme a vari commissari europei, e sottolineando poi che questo è stato fatto «conservando un avanzo primario da vent'anni» che non ha eguali.

«In questo contesto favorevole, anche se non privo di rischi, l'Italia arriva lasciando alle spalle la crisi più acuta che abbiamo avuto nel dopoguerra. Possiamo finalmente dire di aver lasciato dietro le spalle il periodo più difficile del dopoguerra», ha proseguito Gentiloni, per la prima volta al forum di Cernobbio come capo del Governo, dove ha voluto dare un messaggio di fiducia sulla ripresa dell'economia, rassicurando anche sulla stabilità politica dell'Italia.

 



Una buona legge di bilancio che «non faccia danni» e che «continui ad accompagnare la crescita e facendo il possibile, in modo particolare per il lavoro ai giovani, per l'innovazione sulla scia 4.0 e per la riduzione delle diseguaglianze sociali più acute». È questo, secondo Gentiloni, l'impegno del governo prima della «fine ordinata della legislazione». «Perché - ha spiegato - sappiamo che i numeri discreti faticano a tradursi in lavoro e riduzione del disagio sociale, ci vuole tempo e continuità».

«In questi ultimi giorni siamo stati sommersi da diluvio di dati e statistiche...la direzione di fondo è di una forte correzione in positivo. Penso che se ci fosse un premio per l'alta correzione in positivo lo vincerebbe l'Italia», ha detto ancora il premier. «Possiamo poi discutere - ha detto - se staremo nel gruppo di testa. Di certo siamo partiti stando sicuramente più indietro perché da noi la crisi è stata più acuta e se parti da molto indietro hai chanche maggiori di altre».

«Tra i tanti indici - ha aggiunto - per me il più importante è l'indice di fiducia, che è l'indice più impalpabile. Ma se cresce, nonostante le ansie comprensibili e anche le paure seminate ad arte, è uno degli elementi più incoraggianti per chi governa». «L'Italia - ha detto il presidente del Consiglio - non è certamente fuori dalle sue difficoltà, non ha risolto il problema del debito pubblico e del ritardo del Mezzogiorno. Tuttavia andando all'essenziale ci sono almeno tre punti evidenti, e il primo è il ritorno della crescita». 

«Abbiamo dimostrato che possiamo ridurre i flussi migratori senza rinunciare ai principi di umanità e di solidarietà», ha poi sottolineato il presidente del Consiglio. «Noi - ha aggiunto - stiamo continuando e continueremo a difendere l'onore dell'Europa e contemporaneamente abbiamo ottenuto risultati notevoli nella riduzione di sbarchi affidati ai trafficanti di essere umani e di vittime».

L'Italia non ha mai «riservato brutte sorprese» a investitori e non lo «farà infuturo. Sono convinto che in Italia non vincerà la politica dell'insulto, della negazione della scienza e della derisione delle competenze», ha rilevato inoltre il presidente del Consiglio, sottolineando che per stabilità politica «l'Italia non è pecora nera in Europa».


 

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