"In Italia - scrive la Fornero - le regole flessibili non hanno consentito di superare il tradizionale dualismo del mercato del lavoro, finendo per scaricarsi nella maggiore precarietà dell'occupazione dei giovani e delle donne, anche per l'efficacia, tradizionalmente scarsa, delle "politiche attive" basate sui "centri per l'impiego" (non basta una riscrittura delle regole per farli funzionare). Di fronte a questa complessità, il decreto dignità non configura affatto una svolta storica ma un passo indietro che certo non supera il dilemma tra "buone regole" e "spinta alla domanda". Quest'ultima è rinviata all'appuntamento molto spinoso della prossima legge di bilancio, in autunno. Per preparare la quale ci vorrà molta più umiltà di quella fin qui mostrata dal ministro del Lavoro e dall'esecutivo tutto".
Secondo l'ex ministro, che sottolinea di non provare nessun "senso di rivincita" verso nessuno. "E' importante sottolineare come il decreto dignità sembri essere nato dalla volontà di cancellare, e in fretta, almeno una parte del Jobs Act, per sventolarne lo scalpo presso l'elettorato: e parallelamente di scaricare prima sulla Ragioneria Generale e poi sull'Inps il dato sulla verosimile contrazione dell'occupazione, mentre non è affatto stravagante ritenere che una minore flessibilità porti a una riduzione (peraltro limitata nelle stime) dei posti di lavoro".
Per Fornero: "Al mercato del lavoro fa male il tentativo di asservire le regole non al suo migliore funzionamento, ma a obiettivi partitici di breve termine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA