L’eredità di Casaleggio, l’anomalia dei Cinque Stelle

di Biagio De Giovanni
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Venerdì 15 Aprile 2016, 00:09
La scomparsa di Gianroberto Casaleggio ha messo in moto, nel giusto cordoglio che si è largamente manifestato, una riflessione sulla sua opera politica e su ciò che lascia in eredità all’Italia, soprattutto la natura e le prospettive del Movimento 5 Stelle. L’Italia ha spesso costituito, in Europa, il luogo di un vero laboratorio politico. Nessuna intenzione di fermarmi sulla storia lontana, dall’esperienza comunale in giù, temi acquisiti dalla grande storiografia. L’analisi vuol muovere da situazioni molto più vicine a noi. 
Voglio aggiungere che nell’usare la parola “laboratorio” non intendo indicare l’Italia come avanguardia e capofila per la preparazione di un più condiviso futuro, e insomma non do giudizi di valore, ma dico “laboratorio” nel senso che in Italia si sono attuate esperienze che per la prima volta comparivano sulla scena politica europea e perfino mondiale, direi nel bene e nel male, negli sviluppi e nelle degenerazioni. Se si volesse individuare la ragione di questa caratteristica, essa può esser ricercata proprio nel fatto che la costituzione tarda dello Stato nazionale - rispetto ad altri Stati europei - ha collocato la dimensione politica in uno spazio più libero, più vitale, non coincidente con un definito recinto istituzionale, e ha messo in discussione le complesse articolazioni del rapporto tra Stato e nazione così come si è sviluppato altrove. La politica, più libera dal rigore e dalla continuità di un ordinamento, si è mossa secondo logiche sue, con scatti repentini o, all’opposto, con compromessi permanenti che sostituivano la chiarezza di alternative politiche. Una politica non dico senza Stato, ma in dialettica con esso. Questo è un sicuro elemento di distinzione della storia italiana che può spiegare molto delle sue specificità, una politica più legata agli spiriti vitali e ai disordini della sua costituzione storica.
Impossibile attardarsi con richiami argomentati. Il riferimento al fascismo è ormai canonico nella storiografia, come anticipazione della “rivoluzione conservatrice” che si espanse nella vicina Germania e non solo, e il fascismo, dalla nascita, diventò categoria universale della politica. Ma anche il consociativismo costituzionale del secondo dopoguerra ha molti lati che lo lasciano individuare come una esperienza dotata di una sua singolare autonoma consistenza. Si creò uno Stato di partiti, in modo diverso che altrove, tale da rendere subalterna l’identificazione della costituzione come fondamento dell’identità nazionale rispetto al proposito di farne lo strumento di legittimazione del nuovo sistema dei partiti. 
Ma è dagli anni Novanta che il laboratorio italiano si è messo a volare per sue autonome vie e anche con grande scandalo di quelle stesse forze che avevano vissuto in altra forma la singolarità italiana. Laboratori di anomalie, anticipazioni, si potrebbero chiamare le vicende che si sono succedute da quegli anni. Il berlusconismo è un fenomeno inedito in Europa, e ha retto per circa vent’anni nella sua anomalia, sospesa tra legittimazione carismatica e antipolitica; come la Lega che entrò prorompente sulla scena restata vuota, e tramutò in partito gli spiriti animali di regioni forti e frustrate. Si annoti anche questo: la scena era rimasta vuota per un altro fatto dirompente dell’anomalia italiana, che fu l’azzeramento di un sistema politico ad opera della magistratura penale, vicenda senza precedenti nella storia delle democrazie occidentali. 
Non aggiungo altro, ma questa anomalia ora richiamata, fosse anche pienamente fondata dal punto di vista giudiziario, ha segnato in permanenza, e ancora segna, un rapporto anomalo tra politica e magistratura di cui molti, troppi sono ancora gli esempi. Il Movimento 5 Stelle oggi è la grande anomalia italiana. L’espressione, voglio ripeterlo, non indica giudizi di valore, e le cose che ho detto finora dovrebbero renderlo chiaro. Impressionante anomalia che non ha confronti in Europa. Niente a che vedere con populismi di sinistra e di destra, da Podemos in Spagna ai piccoli partiti antisistema tedeschi. Il Fronte nazionale di Francia è caso a parte, e costruito in un tempo lungo. Nulla di simile, non solo nella qualità e forma del sistema di idee che lo caratterizza, ma per il fatto dirompente della conquista, nella prima battaglia politica vera, di un quarto del voto politico degli italiani, con elettori affluiti da tutte la parti. Un fenomeno senza precedenti e senza confronti. Quanti presero sul serio il Movimento quando nacque? Quanti ne profetizzarono la fine assistendo alla gestione incerta e spesso ingenua (“leninismo” ingenuo, è stato detto) di tante piccole vicende interne? Quanti lo confinarono nella dimensione della protesta antipolitica? Eppure questo movimento, nè di destra né di sinistra, ha rotto il bipolarismo italiano che pure, a sua volta, era stato il frutto di un’altra anomalia, quella berlusconiana (cui sembra occhieggiare qualche “erede” americano). E perfino l’acutissimo e per certi versi anomalo Matteo Renzi, che nasce dalla rottamazione di una storia (altra anomalia italiana, pure questa!), nell’inventare l’Italicum, tipico sistema elettorale per una situazione bipolare, non si è avveduto quanto il Movimento di Casareggio -perché lui ne è, credo, il vero inventore- potrebbe cambiare anche sotto questo aspetto la scena politica, se riuscirà ad organizzare un gruppo dirigente, che ora è la dura prova del fuoco. 
Esso poggia sul vuoto che si è spalancato nella crisi generale della rappresentanza politica. Poggiare sul vuoto non è rischioso? Certo che lo è, si può annaspare in questo vuoto e cadere a precipizio, svanire nel nulla, ma non mi pare che qualcosa di decisivo lasci prevedere questo. Il vuoto che il Movimento ha alle spalle non è un vuoto qualunque, ma è il vuoto di quello che una volta era il pieno della rappresentanza politica che si dimena in una difficoltà senza precedenti, e non solo in Italia: non è, insomma, un vuoto assoluto, è un vuoto dove c’è una mancanza che chiede di essere in qualche modo riempita. La visione di Casaleggio ha interpretato la crisi della rappresentanza inventando la democrazia della rete; mutando lo status dell’élite dirigente da aristocrazia politica in funzionariato con segni di provvisorietà, cosa che non sarà più possibile. Si tratta certo di primi vagiti che possono anche essere soffocati in culla, ma io tendo a pensare che si svolgerà una lotta di confine tra visioni opposte, con esito incerto. A voler esprimere una impressione personale, mai come nella congiuntura attuale lo scontro tra le anomalie italiane, Renzi non escluso, e neanche una destra ricomposta, sarà, per chi guarda dall’esterno, uno spettacolo di laboratorio creativo. Speriamo bene per l’Italia. 
 
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