Raggi: il flop M5S non è colpa mia
​Grillo: «Declino? Non illudetevi»

Raggi: il flop M5S non è colpa mia Grillo: «Declino? Non illudetevi»
di Simone Canettieri e Stefania Piras
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Martedì 13 Giugno 2017, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 10:15

ROMA Il buongiorno di Virginia Raggi è un diluvio di agenzie di stampa. E di speculazioni contro di lei: il flop del M5S è colpa dell’«effetto Roma». Dei pasticci in giunta, delle inchieste, di quella «percezione del cambiamento» che dopo un anno ancora non si vede. Lei, la sindaca, non parla in pubblico delle amministrative. Anzi, risponde alle critiche con un forte atto per il decoro cittadino (l’ordinanza sulle fontane storiche) poi riunisce i collaboratori e guarda i dati del voto. Il ragionamento della pentastellata è questo: «Io non ho colpe». Anzi, aggiunge qualche fedelissimo spingendosi avanti, «in due comuni della città metropolitana siamo al ballottaggio». Paolo Ferrara capogruppo M5S in Campidoglio detta la linea della casa: «Se Roma ha influito? Non credo, qui le cose stanno veramente cambiando».

CASO ROMA
Il capogruppo di M5s nel Consiglio regionale delle Marche Gianni Maggi, invece dice che il M5S non è stato aiutato «dal caso Roma, dove Virginia Raggi ha pagato il prezzo del noviziato in una situazione certamente complessa». La strategia ora prevede di costruire intorno alla sindaca un profilo legalitario, con una serie di ordinanze molto restrittive. Insomma, cose da sindaci. Zero politica di palazzo. Anche l’ala più critica del Campidoglio, quella lombardiana per una strana eterogenesi dei fini si spinge in questa analisi: «Se c’è stato un effetto sul voto è per il pasticcio della legge elettorale, non per colpa nostra». Insomma, in Campidoglio più che a Parma o Paleremo, Genova o Taranto pensano ai ballottaggi di Guidonia e Ardea. «Noi non siamo un partito, non abbiamo dirigenti». Lo dice con un super piglio da dirigente di partito il senatore Nicola Morra che fa l’analisi del voto seduto pensoso in poltrona con tanto di biblioteca alle spalle. E come lui fanno molti. Nessuno nel M5S rinuncia a declinare il verbo di Grillo che sul blog ha parlato di «successi, fallimenti e obiettivi».

«La maggior parte delle città - dice Grillo - sono state conquistate da ammucchiate di liste civiche. Senza di loro il Pd di Renzi altro che sindaci: avrebbe faticato a mettere anche solo qualche consigliere comunale! Stiamo assistendo alla lenta scomparsa di un partito». E premia il valore supremo degli ortodossi: la coerenza. Grillo prova a vedere i lati positivi. Ci sono: Carrara va al ballottaggio con Francesco De Pasquale. E avverte: «Tutti gongolano sulla fine dei grillini. L’hanno detto dopo le politiche, dopo le europee, dopo le regionali, dopo il referendum. Fate pure anche ora. Illudetevi». Dice anche che il Movimento cresce in tutte le città in cui si è presentato. Ma non è proprio così. A Monza il M5S ha totalizzato il 7,6 per cento, cinque anni fa aveva il 10. A La Spezia, idem, il Movimento ha perso il 2 per cento. Ma l’importante è andare per la propria strada, sottolinea un Grillo amareggiatissimo. È la linea degi ortodossi questa, da sempre. Ortodossi che ieri hanno rialzato la testa contro un Movimento più mobile che ha il volto di Luigi Di Maio.

TERRITORI
«Non possiamo avere dei Di Maio ovunque» scrive un portavoce che ammette le difficoltà di scegliere e coltivare i migliori. Punta molto sull’attivismo di base, ed è effettivamente una sua specialità, la deputata romana Roberta Lombardi. «l rapporto con i territori non è qualcosa che si costruisce in un giorno - dice - Per chi come me lavora da anni su Roma e nel Lazio il cittadino che si fa Stato non è né uno slogan. In una parola: attivismo, soprattutto da parte dei portavoce eletti». A Roma l’attivismo fra l’altro è uno dei nervi scoperti: c’è un Movimento che sente la necessità di tornare a discutere. Per questo è stata fissata per il 24 giugno, giorno prima dei ballottaggi, un’altra assemblea dei tavoli tematici che sono (erano?) le sedi di discussione politica del M5S romano. 
Infine parla anche la deputata lombarda Paola Carinelli che fa parte del collegio dei probiviri. «Le amministrative per il M5S sono - da sempre - le elezioni più complesse. Io credevo che in alcuni comuni ce l’avremmo fatta e invece no. Quindi che si fa? Ci presentiamo quasi sempre con candidati sconosciuti. Ma non è questo l’obiettivo del Movimento? Noi crediamo nel cittadino che si fa Stato». Secondo questo ragionamento andrebbero di volta in volta rinnovate tutte le cariche, anche quelle dei probiviri, come si fa con i capigruppo e lasciar entrare nella prossima legislatura un esercito di illustri sconosciuti. 
 

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