Liste Fi, battaglia nella notte: De Girolamo ripescata

De Girolamo (ansa)
di Emilio Pucci
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Martedì 30 Gennaio 2018, 08:00
«Ma perché sono stato fatto fuori? Perché sono stato spostato? Perché sono terzo e non più secondo?». Il telefono ad Arcore ieri era bollente. Nei giorni scorsi c'è anche chi si è presentato ai cancelli di villa San Martino per perorare la causa della candidatura. «Sono avvilito. Non vedo l'ora di mettermi alle spalle questa fase e cominciare la campagna elettorale», ha spiegato ieri Berlusconi ai suoi. L'ex presidente del Consiglio anche per questo motivo ha lasciato il tavolo delle trattative sulle liste. Alla fine a quasi tutti gli uscenti ha manifestato riconoscenza. «Ma non posso garantire una corsa protetta», la risposta fornita a chi si è fatto sentire per protestare.

SOMMERSI E SALVATI
Il Cavaliere ha iniziato l'operazione «rinnovamento a tappe». Molti uscenti infatti non ce la faranno, mentre per i nuovi è stato assicurato un collegio blindato. Capilista uomini azienda come Cannatelli, Galliani, Mulè. Posti certi per giovani come Cattaneo e Ylenia Citino (seconda nel proporzionale in Lombardia). Fuori qualcuno della vecchia guardia come Carraro, Razzi (che ha rifiutato la candidatura nella circoscrizione Esteri) e l'ex tesoriere del Pdl Crimi. In prima linea Gelmini e Carfagna. Salvaguardata la pattuglia delle fedelissime come De Girolamo: nella notte si era ritrovata non più capolista in Campania ma solo seconda dopo Sibilia. E' volata ad Arcore in una corsa contro il tempo, e il Cavaliere l'ha protetta con il listino in Emilia. Salve anche Bernini, Biancofiore, Ravetto, Giammanco, Calabria, Savino. A rischio Scilipoti (in corsa in Puglia), Nitto Palma (in Sicilia) e altri che hanno combattuto fino alla fine per essere nella griglia.

Fuori molti ex An come l'ex tesoriere alla Camera per otto anni Laffranco, Aracri, Di Stefano, Giorgetti, Martinelli. Premiati e anzi promossi i fedelissimi dell'ex premier come Giacomoni, il portavoce Barachini e l'ex europarlamentare Ronzulli. Ma anche nell'inner circle berlusconiano hanno dovuto fare i conti con i cambiamenti dell'ultima ora: Andrea Ruggeri, responsabile tv per FI si è trovato in una notte sbalzato nel Lazio in un collegio non blindato e non più capolista in Abruzzo dove è stato ripescato Rotondi. Nessun supporto ai verdiniani, qualche concessione agli ex Ap (dentro Formigoni e Cassano). Rientrano nel centrodestra a pieno titolo i promotori della quarta gamba Cesa, Fitto, Lupi, Costa, Romano (ma non ce la fanno Zanetti e Rabino). Ma è soprattutto FI ad aver pagato le tensioni sul dossier candidature. I partiti alleati non registrano particolari fibrillazioni sul territorio.

BAGARRE AZZURRA
Poche sorprese nella Lega: Salvini non tenterà la sfida dell'uninominale ma si candiderà, invece, nel plurinominale al Senato in cinque circoscrizioni in tutta Italia (dalla Sicilia alla Lombardia). Ha candidato Bossi al Senato nel collegio di Varese e ha messo in squadra fedelissimi come l'avvocato Giulia Bongiorno, l'economista no euro Alberto Bagnai, oltre ai collaboratori noti, Claudio Borghi e Armando Siri. Meloni (uninominale nel Lazio ma anche plurinominale, Milano centro), recupera il prezioso Crosetto, aggancia l'ex sindaco di Lecce Perrone e schiera al Senato sia La Russa che Santanchè.

Nel partito azzurro, invece, un po' dappertutto è scoppiata la bagarre. Si è dimesso il coordinatore delle Marche Ceroni per protesta contro i paracadutati. Non è in lista quello dell'Emilia, Palmizio. Proprio in Emilia c'è stata una corsa al paracadute e all'ultimo minuto l'ex deputato Martusciello ha dovuto cedere il passo a Bignami. In Liguria respinto Cesa, la coordinatrice del Molise Tartaglione è traslocata in Puglia, in Calabria ha fatto rumore la candidatura del figlio del centrista ed ex sottosegretario Gentile, in Campania quella di Luigi Cesaro, della moglie di Mastella, Sandra Lonardo e del patron della Lazio, Lotito. In FI comunque hanno vinto Ghedini per le candidature al nord e Tajani per quelle al sud. Ma ora Berlusconi vuole voltare pagina: «FI può arrivare al 25% e la coalizione al 40. Dobbiamo puntare alla governabilità».
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