Elezioni, si va verso l'election day: voto il 4 marzo anche per le regionali

Elezioni, si va verso l'election day: voto il 4 marzo anche per le regionali
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Mercoledì 13 Dicembre 2017, 21:21 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 07:58
Ormai tutti i partiti danno per certe le elezioni il 4 marzo anche se, si precisa a più livelli, non si è sancita in alcuna sede l'intesa tra forze politiche e Quirinale. Ma un'altra spinta si è messa in moto, cavalcata soprattutto dal centrodestra: l'election day, cioè l'accorpamento delle elezioni politiche con le regionali in posti cruciali come Lombardia, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Molise. La decisione spetta al governo e potrebbe arrivare anche in tempi brevi e al momento, la scelta andrebbe in questa direzione. Il Colle comunque è orientato a lasciare la decisione al governo.

A chiedere l'accorpamento delle elezioni politiche con quelle regionali è soprattutto chi si sente il vento in poppa, come Matteo Salvini. Il Pd è più tiepido ma alcuni suoi governatori, come Nicola Zingaretti, sono convinti che sia necessario. Anche perché, è l'analisi da real politik, si sa che il vento che uscirebbe dalle elezioni politiche ricadrebbe sull'esito delle regionali e, se i sondaggi fossero confermati, le previsioni del centrosinistra non sono rosei.

A mettere invece tutti d'accordo è la data del 4 marzo, che oggi fa volare lo spread a 147 punti base dai 138 di avvio di giornata. Convince tutti l'accelerazione sulla fine della legislatura che il Quirinale ha deciso di imprimere ipotizzando uno scioglimento delle Camere dopo la conferenza stampa di Paolo Gentiloni il 28 e prima del discorso di fine anno del presidente della Repubblica. Votare nella prima delle date disponibili è un modo sia per accorciare la campagna elettorale che spesso scade in toni da rissa sia per guadagnare tempo nella fase successiva nel caso in cui non uscisse una maggioranza certa per governare.

Scenario che sembra spaventare Confindustria: l'Italia, secondo gli industriali, è ad un bivio «tra il proseguire il lungo cammino delle riforme o non far nulla se non proprio tornare indietro» perché «l'instabilità politica e le misure demagogiche per motivi di consenso» nel medio-lungo termine abbassano la crescita. Parole che alcuni interpretano come un timore per la vittoria M5S nonostante il candidato premier grillino Luigi Di Maio sia impegnato in un tour di rassicurazione sulla serietà M5S.

A rassicurare mercati e partner ci pensa il premier Paolo Gentiloni, che resterà a guidare il governo fino a che non se ne formerà uno nuovo o, come oggi ipotizza Silvio Berlusconi, anche in caso di un nuovo ritorno alle urne. «Se qualcuno pensa che il corso della politica italiana diventi anti-europea, contro una società aperta, contro il commercio, o populista i fatti dimostreranno che si sbaglia», assicura al Financial Times.


 
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