M5S, il pm Di Matteo pronto a fare il ministro. Primi dubbi tra i 5Stelle sul voto anticipato

Nino Di Matteo
di Stefania Piras
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Giovedì 1 Giugno 2017, 09:22 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 18:04

«Andare in campagna elettorale questa estate? Non è colpa nostra, noi avremmo voluto andare all'inizio dell'anno, ma ora è necessario andare il prima possibile». Lo dice Alfonso Bonafede, deputato M5S che segue la linea precipitosa de «le urne subito, qui e ora». Eppure nelle retrovie, diversi esponenti di peso del M5S fanno affiorare dubbi, aggrottano la fronte, disegnano pallottolieri impazziti perché ora come ora non c'è davvero quella sicurezza sbarazzina di quattro anni fa che faceva dire a Beppe Grillo e ai futuri, allora sconosciutissimi, parlamentari: «Ci vedremo in Parlamento, sarà un piacere».

«La verità? Ora scatterà la gara ad agguantare il premio fedeltà ai vertici per essere ricandidati» dice un portavoce ironico. Questi timori hanno la consistenza di una goccia che scava nella roccia, ma ci sono e si coagulano nel rebus collegi e listini dove i Cinque Stelle ammettono che gli altri partiti scateneranno una gioiosa macchina da guerra in grado di cannibalizzare palmo a palmo i collegi, ovvero piccole porzioni di territorio in cui sedi e legami con le comunità locali («enormi potentati locali» li ha chiamati l'esperto di sistemi elettorali del M5S Danilo Toninelli) sono fondamentali.

Lo stesso Toninelli ha introdotto un correttivo salvifico in questo senso. Il M5S ieri ha accettato il capolista bloccato (Toninelli ieri: «Non ci impicchiamo sui capilista bloccati») del listino proporzionale (cioè eletto sicuramente) chiedendo però che se nei collegi uninominali un candidato dovesse prendere più del 50 per cento dei voti quest'ultimo sarebbe il primo degli eletti della circoscrizione.

Questo permetterebbe ai big pentastellati di essere eletti con una discreta sicurezza. Sicurezza che scema se nella stessa circoscrizione si presentasse più di un big. E quindi questo potrebbe voler dire apertura a un'altra deroga: sdoganare le pluricandidature e slegarle dal territorio di appartenenza. Temi che sono usciti nella riunione congiunta di ieri sera.

GIUSTIZIA
Nel frattempo il M5S comincia a imbarcare possibili ministri. È il caso del pm Antonino Di Matteo. «È una buona notizia la disponibilità di Nino Di Matteo ma il candidato premier ancora non c'è». Così risponde il futuro candidato premier M5S Luigi Di Maio dopo aver appreso la disponibilità del pm che ha indagato sulla trattativa Stato-mafia a fare il ministro tecnico della giustizia in un esecutivo Cinque Stelle. «Non sono d'accordo con Cantone e Davigo, con chi dice che l'esperienza dei magistrati non possa essere utile alla politica che deve essere baluardo contro mafia e corruzione, in certi casi l'impegno politico rappresenta una linea ideale di prosecuzione del proprio impegno in toga. Ma dico che una scelta di questo tipo, però, deve essere definitiva e irreversibile» ha detto Di Matteo. E le sue parole nell'auditorium della Camera, dove ieri il M5S ha organizzato un convegno sulla giustizia, hanno galvanizzato il pubblico che si è alzato in piedi per applaudire il magistrato palermitano che ha illustrato un dettagliatissimo programma politico.

Il suo intervento è stato tutto un «Dobbiamo, dovete». Ei suoi rimedi: blocco del decorso della prescrizione da quando il reato è scoperto, introduzione dell'agente provocatore, benefici giudiziari per chi collabora, misure patrimoniali per gli indiziati di mafia. E lodi sperticate al M5S, al suo codice etico, definito «un ceto politico che ha deciso di far prevalere il valore dell'onestà».

Durante la giornata sono state svelate le cinquanta sfumature (in realtà il bouquet dei colori era più limitato) della giustizia pentastellata con Pier Camillo Davigo («No grazie, non mi candido») e Raffaele Cantone. Timida ma presente la cultura delle garanzie con il M5S che lascia porte aperte su temi come misure alternative e separazione delle carriere. Non solo. Un quesito che verrà votato online sarà il distinguo netto tra carriera in magistratura e in politica con buona pace del ministro in pectore.

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