Di Maio spiazzato da Salvini: la svolta promessa non c'è

Di Maio spiazzato da Salvini: la svolta promessa non c'è
di Marco Conti
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Venerdì 13 Aprile 2018, 08:04
L'allarme è scattato mercoledì sera quando Gianni Letta corre ad informare Silvio Berlusconi dell'intesa stretta da Matteo Salvini con Luigi Di Maio: «Vogliono farti fare un passo indietro e questo andranno domani a dire a Mattarella». Il Cavaliere non ci vuol credere e prende in mano il telefono cercando al telefono prima Giorgetti e poi lo stesso Salvini. Il primo risponde al telefono e nega, sostenendo che con Di Maio si è discusso solo della presidenza della Commissione Speciale.

Il secondo si fa trovare solo la mattina successiva, cioè ieri, a poche ore dal vertice convocato prima di salire al Quirinale. Il leader della Lega ondeggia un po' ma poi decide di andare a palazzo Grazioli dove trova il comunicato finale - che leggerà dopo l'incontro con Mattarella - già pronto. Ottiene che vengano sfumati alcuni passaggi che riguardano FI, ma ne condivide i contenuti compreso il passaggio sulla giustizia e il riferimento a Pratica di Mare.

IL LATO
A trovarsi spiazzati sono i Cinquestelle che nella notte avevano messo a punto un loro comunicato con il quale Di Maio avrebbe dovuto sostenere - dopo l'incontro al Quirinale - che il passo di lato del Cavaliere «apre» la possibilità ad un governo 5S-Lega-FdI. Invece non è così. Di Maio racconta a Mattarella le rassicurazioni ricevute da Salvini. Spiega di aver lavorato in questi giorni per arrivare ad una coalizione ma di aver trovato la porta chiusa del Pd e la disponibilità «chiara» di Salvini a fare a meno di Berlusconi. Un film che non c'è. Fatto sta che quando il colloquio con Mattarella termina, Di Maio è costretto a riscrivere, con i capigruppo Grillo e Toninelli, il comunicato con i quale si presenta ai giornalisti. Il nervosismo dei tre è evidente. Non si spiegano il dietrofront di Salvini.

Tanto più il fatto che il centrodestra abbia indicato per un possibile pre-incarico il leghista Giorgetti, e non Salvini. I sospetti dei grillini guardano in direzione Pd. In effetti il partito di Martina resta l'opzione preferita dal Cavaliere e, soprattutto da Letta, ma il segretario reggente, ricevuto al Colle prima del centrodestra, non sembra schierare il partito su un governo politico nè col M5S nè col centrodestra. Ieri pomeriggio Martina ha nuovamente collocato i dem all'opposizione. Definisce il partito forza di «minoranza», ma resta alla finestra in attesa che i due «presunti vincitori ammettano di non avere i numeri per governare».

Spiazzato e senza sponde, Di Maio resta convinto che un governo senza i grillini sia impossibile, ma c'è la variabile Siria. Ovvero la possibilità che un eventuale accendersi del conflitto possa spingere il Quirinale ad affidare ad uno dei presidenti delle Camere il compito di formare al più presto un governo. Una sorta di esecutivo di emergenza che chiuderebbe ogni trattativa tra i partiti. In attesa delle consultazioni che oggi Mattarella avrà con il suo predecessore Giorgio Napolitano e con i presidenti delle Camere Casellati e Fico, Di Maio e Salvini restano con il fiato sospeso. Il primo sperando che il leader del Carroccio trovi prima o poi il coraggio di far fuori il Cavaliere. A caccia di tempo è invece Salvini che è convinto di poter ottenere il passo di lato di Berlusconi dopo le elezioni regionali in Friuli dove la Lega vincerà a mani basse e FI potrebbe raccogliere percentuali a una cifra.

L'INIZIO
Tirare la trattativa sino a fine mese rischia però di non essere facile. Ieri tutti i leader di partito hanno fatto proprio l'auspicio di Mattarella di «tempi brevi». Un'accelerazione che non consente a di Maio e Salvini di continuare in quel «tira e molla», come lo definisce Maurizio Martina, che inizia a produrre effetti opposti nei sondaggi dei due partiti. Il più soddisfatto della giornata di ieri è Berlusconi che, al termine del colloquio con Mattarella, ha fatto di tutto per togliere la scena sia a Salvini che alla Meloni. Obiettivo del Cavaliere resta quello del governo di tutti e che sia Mattarella ad imporlo ai partiti.
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