Di Maio a Cernobbio, ma la platea resta fredda: «Belle parole, un po' fumose»

Di Maio (LaPresse)
di Mario Ajello
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Lunedì 4 Settembre 2017, 09:40
dal nostro inviato
CERNOBBIO
 - «Come sono andato?». Lo chiede Di Maio uscendo dalla sala riservatissima dove ha tenuto il suo discorso e risposto alle domande degli imprenditori. E si risponde così: «A me sembra bene. Quando si va sui contenuti ci si ritrova». Ma l'establishment a cui si è presentato per l'esame al massimo gli darebbe un 6 di incoraggiamento. Mentre lui va via, lascia il forum di Cernobbio anche un manager, a bordo della sua Ferrari.

Abbassa il finestrino, mentre l'auto romba, e dice la sua: «Di Maio? Belle parole. Ma anche Berlusconi e Renzi dicevano belle parole, poi si è visto come è andata». Il mood a Villa d'Este, nel mondo dell'establishment, è più o meno questo. Un pubblicitario, Massimo Costa, della WPP: «È sembrato uno scolaretto, ma che almeno non dice le parolacce». Alberto Bombassei, il patron della Brembo, promuove solo Salvini: «Si è rivelato più realistico, più leader. Di Maio si sente già presidente del consiglio non essendolo. E con troppa leggerezza ha rinnegato tutta la predicazione grillina di questi anni. Per non parlar del caso Roma che non può non pesare nel giudizio sulla credibilità del movimento». Dunque, all'ovazione riservata a Gentiloni l'altro giorno fanno da contraltare gli applausi stentati di ieri per Di Maio e Salvini.

LE DOMANDE
«Molti si sono complimentati con me e tutti volevano farmi domande», assicura però Di Maio. E in effetti Pingaro, imprenditore salernitano della comunicazione, si lancia in elogi al suo quasi conterraneo. E Vito Rotondi, ad di Mep, che produce auto elettroniche: «Il più bravo è Gentiloni, ma Di Maio sta dando una svolta positiva ai 5Stelle». E Giuseppe D'Urso, ad di Nuove Energie: «Pareggio tra Salvini e Di Maio ma nessuno dei due ha convinto la platea.

Quest'ultimo non ha spiegato bene il reddito di cittadinanza». Che è proprio ciò che gli ha chiesto Giuseppe Recchi, vicepresidente di Telecom: «Può dirci onorevole Di Maio come funzionerà e quali sono le coperture finanziarie?». Di Maio glissa sulle coperture («ma non costerà 17 miliardi») e spiega un po' confusamente che più o meno si tratterà di una integrazione per chi non arriva a 780 euro me suoi e per chi ha perso il lavoro e ne sta cercando un altro e quando lo troverà non avrà più l'aiutino. «Non sono soldi regalati a pioggia. E ci saranno forti pene per i furbetti». Giggino ultra light, ecco.

Per metterlo in cattiva luce davanti agli imprenditori, il finanziere renzianissimo Davide Serra gli chiede dell'uscita dall'euro e lui va a zigzag producendo il serpeggiare di un commento in sala: «È confuso, è fumoso». Però è volenteroso, ammettono tutti in sala. Altri notano la sua passione per l'Enel, che egli stesso cita e positivamente immaginandola cruciale nella sua idea di Italia Smart Nation. E qualcuno è semi-entusiasta del personaggio.

«È maturato, è un moderatone o un moderatino», assicura Ovidio Jacorossi, di Fintermica. Davide Serra è ancora affezionato a Matteo (ma Renzi qui sembra un ricordo lontano e il governatore Toti infierisce: «Lo hanno archiviato, non si fidano dei grillini e rimane solo il centrodestra») e sorride il finanziere di stanza a Londra: «Ho capito solo che Di Maio vuole riempire l'Italia di macchinine elettriche». Ma ecco Alessandro Profumo: «Scusi, lei lo boccia o lo promuove Di Maio?». E lui risponde con un mezzo sorriso che significa: rivedibile, ma anche no.
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