Cyberbullismo, ora c’è la legge: ma le ramanzine non bastano

di Paolo Graldi
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Giovedì 18 Maggio 2017, 00:27
Il cyberbullismo, il fetido virus che infetta la Rete, da ieri ha un nemico giurato: la Camera, a pieni voti (432, un en plein) ha promosso la legge di contrasto al dilagante fenomeno. Un traguardo raggiunto a fatica, in quattro anni di tira e molla, fino alla quarta e definitiva lettura che conferma il testo originario. Il pacchetto di norme riguarda i ragazzi e non gli adulti.

Ma sarà bene aggiornare e magari inasprire anche la legislazione sui crimini via web commessi dagli adulti, esigenza scandita dalla martellante cronaca nera in materia, con tante vittime dilaniate dallo strazio di una violenza subìta nell’immensità del cyberspazio, là dove i vigliacchi e i malmostosi si proteggono dietro arroganti pseudonimi da giustizieri della notte. E del giorno.

Anche questa legge sui minori, spesso “puniti” su Internet dalla malvagità dei compagni, in una sorta di rodeo mediatico che si nutre di scherno e di odio, andrà accompagnata da adeguate risorse: per ora sono stanziati duecentomila euro, cinque per ogni plesso scolastico, una miseria che rischia il naufragio dei buoni propositi.
Anche questa legge, come purtroppo spesso accade, è nata sull’impulso venuto da un orribile fatto di cronaca: la storia tragica di Carolina Picchio, la quindicenne di Novara, violentata dal branco e poi portata alla gogna sul web. Un’umiliazione che le ha sconvolto la giovane esistenza portandola al suicidio. Un episodio, non l’unico, temibilmente neppure l’ultimo, alla quale si è ispirata la senatrice del Pd Elena Ferrara che ne ha fatto il motivo di una battaglia parlamentare: un punto di sintesi raggiunto dopo un iter che sembrava infinito. 
Oggi abbiamo una definizione di questo odioso comportamento, una bussola per i genitori e gli educatori, chiamati a una intensa opera di prevenzione formando quella consapevolezza dei rischi e delle trappole del web e dentro il web. 

Per un po’ la norma era stata estesa anche ai maggiorenni ma poi, opportunamente, perché sarebbe risultata troppo estesa per divenire efficace, si è tornati al testo originario.
Il quale prevede un ruolo preciso e impegnativo per gli insegnanti (ci sarà un responsabile di riferimento), per i presidi e perfino per la polizia di Stato, attraverso gli ammonimenti del questore e della polizia postale per stroncare le piste marce, fino al Garante della Privacy, investito del compito di far rispettare l’ambito personale.
La ramanzina del questore, certo non inopportuna, poteva essere forse rafforzata da qualcosa di più incisivo magari introducendo sui malintenzionati bullisti sanzioni meno evanescenti, inventando punizioni comprendendo l’obbligo di comportamenti riparatori e virtuosi. 

Per chi mostra di non avere orecchie sensibili per le prediche e i rimbrotti vanno somministrate misure diverse e più pregnanti. Sarà l’esperienza sul campo di applicazione della legge a dirci se le raccomandazioni basteranno o se il fenomeno porta con sé, come altre devianze persistenti, una perniciosità che va combattuta con terapie d’urto. E’ giusto comunque prendere atto del fenomeno, accettarne le dimensioni preoccupanti e affidare al ruolo di scuola-famiglia-autorità i comportamenti dissuasivi e insieme pedagogici. 
Anche i ragazzi sotto i 14 anni, con la possibilità di denunciare atti di bullismo via web, sono chiamati a non subire ricatti, intimidazioni, gogne: dovranno trovare il coraggio per respingere gli assalti delinquenziali e sempre odiosi del gruppo o del singolo non importa e denunciare a viso aperto i responsabili. 
Qui si entra nel mondo dell’adolescenza con le sue infinite sfumature e delicatezze, con le inquietudini e le incertezze di una età difficile nella quale il privato di ciascuno può esporsi a tradimenti e comportamenti aggressivi.

La vita dei bulli che tradiscono con lo sgarro mediatico la fiducia e si alleano alla violenza senza confini del cyberspazio ora diventa più difficile e esposta al rischio di sanzioni. 
La cattiveria ha un nemico in più. In tempi di assalti virali sui siti di Stato e di Istituzioni di mezzo mondo e di richieste di riscatti planetari in Bitcoin da professionisti che entrano ed escono dai sistemi imprigionandone le memorie la legge sui bulli ci segnala l’urgenza e la drammaticità di una condizione che ha bisogno di risposte forti, adeguate e invincibili. Siamo dentro uno spaventoso ritardo normativo e tecnologico che andrà colmato, almeno là dove gli esperti ci dicono che è ancora possibile. La guerra nella Rete, come aveva previsto Nicolas Negroponte, padre del Mit di Boston, è in agguato e in atto. Le armi per sconfiggerla somigliano a pistole ad acqua contro missili intercontinentali. Urge un’armata di cervelli attrezzati per vincerla.
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