Governo, le garanzie di Conte: non sarò un esecutore

Governo, le garanzie di Conte: non sarò un esecutore
di Mario Ajello
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Martedì 22 Maggio 2018, 08:12 - Ultimo aggiornamento: 09:52

Non un premier marziano, anche se non ha mai fatto politica attiva. Tanto meno un rivoluzionario alla Marat - anche se Di Maio l'ha definito un «amico del popolo», soprannome del grande personaggio storico francese - e semmai Giuseppe Conte ci tiene ad essere la figura istituzionale capace di «fare sintesi», così si è espresso con amici, tra M5S e Lega. Senza somigliare a nessuno dei due firmatari del contratto di governo. Con il Quirinale ieri la prima telefonata da premier quasi incaricato, ma Mattarella deve ancora fare le sue valutazioni, e come prevede la Costituzione sarà con il Capo dello Stato che il professore parlerà dei ministri. Ben sapendo però che i Dioscuri, cioè Di Maio e Salvini, gli staranno con il fiato sul collo. Più il secondo che il primo.

Un personaggio così, non un peso massimo dal punto di vista della notorietà extra-professionale, viene descritto da chi lo conosce bene - giuristi e avvocati come lui - come un tipo molto determinato. Che sa di rischiare la parte del vaso di coccio tra due vasi di ferro, ma crede anche di poter affrontare il pericolo. Il suo profilo Facebook, fermo al 2015 in ossequio alla sua riservatezza assoluta, è sormontato dall'icona di Yoda, il mitico personaggio di Guerre stellari a cui lui evidentemente s'ispira, che ha per slogan il seguente: «No! Provare no! Fare o non fare! Non c'è provare!». Dunque, se Mattarella gli dà l'incarico, Conte è sicuro di farcela. Tra l'altro sarebbe il primo presidente del Consiglio che viene dal Sud dopo quasi 30 anni, dai tempi di Ciriaco De Mita. Ha parlato sia con Di Maio che con Salvini chiedendo garanzie: «Ho bisogno di autonomia politica per guidare il governo». In queste ore, e nei giorni scorsi, ha consultato amici (pochi) e colleghi (selezionatissimi). Dicendo loro: «È giusto che mi cimenti in questa prova?». Molti di loro gli hanno detto che le istituzioni vanno servite, se ti chiamano, e questo è anche uno dei suoi convincimenti personali. Ha un rete di conoscenze e di rapporti professionali che vanno da Guido Alpa - il suo maestro, un grande professore e barone, decano del diritto civile con cui divide il facoltoso studio di avvocato al terzo piano di Piazza Cairoli 6, che di lui assicura: «Non è assolutamente un giustizialista» - a Alessandro Pajno, presidente del Consiglio di Stato, fino all'ex presidente della Consulta Paolo Grossi. Pajno amico di Mattarella, Alpa assai stimato dal presidente della Repubblica, che avrebbe preferito un premier politico ma la figura di Conte e il suo mondo di riferimento lo rassicurano.

IL PROFILO
Controfigura o portavoce di Di Maio e Salvini? Conte non si riconosce in queste raffigurazioni, e sta confidando agli intimi: «Non sarò un mero esecutore». Eppure, l'Esecutore è il suo sigillo di partenza. Bisognerà vedere se troverà la forza che attualmente gli manca e che Mattarella spera che avrà. Alla sua debolezza politica fa da contraltare - e su quello punta assai il professor Conte - una conoscenza ramificata, e che è andata crescendo grazie al suo ruolo di numero due del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, degli organi burocratici, delle figure che vi appartengono, di quell'ossatura dello Stato che esprime capi di gabinetto dei ministeri e altro personale che manda avanti la cosa pubblica. Debole insomma su un fronte, quello del mondi dei partiti e della politica politicante, ma piuttosto attrezzato su un altro fronte. Che è quello delle conoscenze e delle pratiche istituzionali. Da questo punto di vista con Mattarella non ci saranno problemi. Con Salvini, invece, la differenza è abissale. Per dirne una: ha sempre votato a sinistra Conte. Ma soprattutto, chi lo conosce bene assicura che è un europeista doc. Si racconta che dietro la svolta filo-Ue di Di Maio ci siano stati proprio i suoi suggerimenti.

Non ha ancora detto agli amici: farò questo, farò quello. Ma il suo governo non sarà di rottura rispetto all'Europa (e con Salvini come la mettiamo?), si rivelerà allergico alla finanza creativa (non è nelle corde culturali del personaggio) e impegnato a cambiare il rapporto tra Stato e cittadini. «Rendere più efficiente la pubblica amministrazione e semplificare tutto, tagliando in primo luogo le leggi inutili», è il suo mantra. I rapporti con il mondo ecclesiastico sono buoni. Ha studiato tra l'altro, ed è stato anche tutor, a Villa Nazareth, istituto presieduto dal cardinal Silvestrini e conosce Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

OLTRETEVERE
Si parla molto dei suoi rapporti con i renziani, ma riguardano più che altro la colleganza con l'avvocato fiorentino Tombari, da cui hanno lavorato Bonifazi e la Boschi. Conte la conosce, ma non è del giro di Maria Elena e non ha intrattenuto rapporti politici con lei. A Palazzo Chigi, come braccio destro, potrebbe portare Fabrizio Di Marzio, consigliere di Cassazione e docente di diritto privato e commerciale. Oltre a Di Marzio, il magistrato napoletano Sergio Zeuli a sua volta nel Csm amministrativo, il professore e senatore grillino Ugo Grassi (il quale dice: «Vi assicuro che è una persona completamente diversa da Mario Monti»), il giurista Giovanni Guzzetta e altre figure professionali di questo tipo rientrano nella rete dei competenti di cui il professore pugliese-fiorentino potrebbe giovarsi. Con Mattarella, si sono incontrati una volta. Fu dopo l'elezione dell'attuale Capo dello Stato. Volle incontrare nel suo studio il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, Conte fece un bel discorso, Mattarella gradì. Ma adesso, oltre ai ragionamenti, servono molti fatti. E «ogni decisione - così Conte nel suo stato su WhatsApp, citando J.F.Kennedy - comincia con la decisione di provarci».

 

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