Consulta, alla Camera si vota, ma c'è il deserto (dentro e fuori)

Consulta, alla Camera si vota, ma c'è il deserto (dentro e fuori)
di Mario Stanganelli
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Giovedì 16 Ottobre 2014, 18:42 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 14:20
Ore 17 del 16 ottobre 2014, piazza Colonna e piazza Montecitorio transennate e deserte sotto la sorveglianza di polizia e carabinieri che tengono lontano comuni cittadini e turisti frastornati perché non gli si consente di vedere da vicino quello che potrebbe essere considerato l'ombelico della città.

Deserto dovuto non a riunioni del governo o a eventi istituzionali di rilievo, per cui già sarebbe discutibile, ma si tiene la ventesima, inutile seduta congiunta di Camera e Senato per l'elezione di due giudici della Corte costituzionale e di un membro laico del Csm.

L'esito fallimentare è già scontato prima della convocazione e al vuoto della piazza corrisponde all'interno del palazzo l'esiguità dei parlamentari presenti che stentano a raggiungere il numero dei membri della sola Camera.



Il clima del Transatlantico è in singolare corrispondenza con quello esterno di una plumbea giornata tra le più calde dell'ultimo secolo - come testimonia il grafico della decade meteorologica nella bacheca del vicino osservatorio del Collegio Romano. Il sentiment dei chiamati al voto tra rassegnazione e frustrazione dà un tocco ferrigno, da buzzatiana Fortezza Bastiani, anche ai fregi liberty progettati dal Basile. Unico sfogatoio il cortile interno, che rende ancora più "perduti" i passi consumati nell'attesa del nulla.



Lasciata l'ennesima, infruttuosa incombenza, il rappresentante del popolo esce sulla piazza vedendo il popolo, quello rimasto, tenuto a distanza. E' il momento dell'horror vacui che afferra alla gola. Chi può ricorda il Lucrezio del "Natura abhorret vacuum", su cui, per analogia, si sono spese invano montagne di parole in alcuni dei momenti più drammatici della storia della Repubblica per ricordare che anche la politica dovrebbe avere orrorre del vuoto. Pena lasciare che quel vuoto venga, più o meno spontaneamente, occupato da chi sarebbe chiamato ad altri mestieri.
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