Cantone: si deve limitare il reato di abuso d’ufficio

Cantone: si deve limitare il reato di abuso d’ufficio
di Valentina Errante e Giusy Franzese
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Venerdì 8 Settembre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 13:57

Una riforma del reato di abuso d’ufficio è non solo possibile ma anche auspicabile, per evitare la cosiddetta “paura della firma” da parte dei funzionari pubblici. È davanti alla platea della Luiss, durante la presentazione del Master in “Compliance e prevenzione della corruzione” organizzato dall’Università romana in collaborazione con Anac, che arriva “l’apertura” del presidente Raffaele Cantone. «Si può intervenire sulla norma - spiega il presidente dell’Authority - per individuare una fattispecie di reato meglio calibrata. Non parlo di una depenalizzazione, ma di una restrizione delle condotte punibili, che individui in modo più puntuale quelle che perseguono interessi personali o determinano ingiusti vantaggi attraverso atti illegittimi nella pubblica amministrazione». 

IL CODICE
L’ultima modifica dell’articolo 323 del codice penale risale a venti anni fa e adesso Cantone ipotizza una correzione. «Si può e si dovrebbe intervenire», dice. Una ragionamento che parte da una considerazione: «C’è uno iato tra il numero di procedimenti aperti dalle procure per abuso d’ufficio e i fascicoli che effettivamente arrivano a una sentenza di condanna. La maggior parte delle inchieste - spiega il presidente dell’Anac - si conclude con archiviazioni, proscioglimenti o assoluzioni. È un’anomalia che deve portare a una migliore definizione del reato». Una considerazione legata a doppio filo a un altro dato: l’immobilismo di molte amministrazioni, dovuto al timore di dirigenti e funzionari. Cantone commenta: «La cosiddetta paura della firma viene anche utilizzata come alibi per non agire, ma non va sottovalutata: molti amministratori sono effettivamente bloccati nel loro operato perché temono di finire sotto inchiesta. Si può intervenire - aggiunge il presidente dell’Anac - focalizzando meglio le condotte da perseguire individuando i casi di conflitto di interesse e ingiusto vantaggio». C’è anche un’altra modifica legislativa che Cantone auspica: «Sarebbe interessante - dice - una legislazione seria che riguardi le fondazioni e i partiti, i meccanismi di trasparenza dei finanziamenti della politica, una legge sui partiti che renda trasparente i criteri delle nomine».

LA CORRUZIONE
Il danno al sistema economico che provoca la corruzione è alto: nel 2016, secondo il report della Guardia di Finanza, gli appalti irregolari sono costati 3,4 miliardi di euro, altri 5,4 miliardi sono da collegare alla responsabilità amministrativa per truffe e sprechi su fondi pubblici italiani. Ma in realtà il fenomeno è più ampio rispetto a quanto appare dalle statistiche ufficiali e dal numero esiguo di processi relativi che arrivano in Cassazione (appena l’1%). E incide nel profondo sul tessuto culturale e etico di una società. «Spesso il corrotto viene considerato un furbo, invece deve essere considerato un male terribile, gigantesco» dice il rettore della Luiss, l’ex ministro della Giustizia Paola Severino, condirettore del Master insieme con Cantone. «La corruzione - spiega - è uno dei reati più gravi perché sconvolge il sistema economico e culturale. L’esecrazione sociale è uno dei motori della prevenzione della corruzione, ogni cittadino deve diventare cultore della legalità».

Consapevolezza e conoscenza, quindi: sono queste le vere armi contro la corruzione. E in questo contesto imprese e pubblica amministrazione - dice Cantone - «non sono oggetti della lotta alla corruzione, ma devono essere soggetti. Imbottire la pubblica amministrazione di microspie e agenti provocatori, è una logica del passato. Non ci interessa che si lancino monetine a chi in quel momento è il potente di turno che viene inquisito o si mostri il cappio in Parlamento, ma interessa la consapevolezza tranquilla di ogni giorno, di chi sa che un paese che ha questi livelli di corruzione non attira investimenti e fa sì che le migliori energie vadano via».

«Per rendere ancora più efficace la prevenzione della corruzione ed il contrasto di ogni forma di illegalità - aggiunge Paola Severino - abbiamo bisogno di una nuova categoria di giuristi e professionisti, preparati in modo molto qualificato ad attuare e gestire i diversi sistemi di prevenzione e repressione dei fenomeni criminali».

Da qui l’idea del Master in Compliance e Prevenzione: si rivolge a imprenditori, operatori del mondo bancario e finanziario, amministratori di aziende, avvocati, commercialisti, funzionari pubblici e laureati magistrali in Economia, Scienze Politiche e Giurisprudenza. Inizierà a dicembre, avrà la durata di un anno e si svolgerà durante due weekend mensili, venerdi pomeriggio e sabato. Avrà anche delle sessioni laboratorio, dove verranno studiate e simulate le best practice. Come il caso Expo, ad esempio, «lodato anche dall’Ocse» sottolinea con evidente soddisfazione Cantone. Che conclude: «La conoscenza della normativa anticorruzione, sia nel settore pubblico che in quello privato, è un fondamentale argine al malaffare». Per iscriversi al Master c’è tempo fino al 20 novembre.

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