Camere, i nuovi nomi dopo i veti: M5S punta su Fraccaro, avanza Bernini

Camere, i nuovi nomi dopo i veti: M5S punta su Fraccaro, avanza Bernini
di Marco Conti
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Giovedì 22 Marzo 2018, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 12:56

Il centrodestra tiene. Matteo Salvini si è presentato ieri mattina al vertice di palazzo Grazioli con Giancarlo Giorgetti e la disponibilità della Lega a fare un passo indietro sulle presidenze delle Camere: «Visto che qualcuno dice che gioco solo per il mio partito, sono pronto a dimostrare quanto tengo alla nostra alleanza». Dall'altra parte del tavolo Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Niccolò Ghedini. A fianco della coppia leghista Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. Niente presidente della Lega e tutti d'accordo, ovviamente.

L'UFFICIO
Il passo di lato della Lega porta ad assegnare la presidenza di Montecitorio ai 5S (Fraccaro) e a FI quelia quella di palazzo Madama (Bernini Casellati). Non un nome, o una rosa di nomi, di possibili candidati sarebbe stata fatta durante il vertice, ma la richiesta alle altre forze politiche di aprire il confronto con incontri che si dovrebbero tenere oggi. Quindi non solo i grillini nella trattativa con il centrodestra, ma anche il Pd che però si sfila subito, pronto magari tornare in pista sulle vicepresidenze. Lo schema di accordo che il centrodestra propone prevede - oltre ai presidenti 5S e FI - che i quattro vicepresidenti di ognuna delle due Camere siano esponenti dei partiti che non hanno il presidente. Quindi al Senato, un vice a Lega, Pd, 5S e FdI, e alla Camera dovrebbero essere i grillini a rimanere senza, proprio perchè avrebbero il presidente. Uno schema che fa storcere il naso ai 5S che vorrebbero la maggioranza nell'ufficio di presidenza di Montecitorio per incardinare il tema dei vitalizi. Ciò che però manda in fibrillazione il M5S è la richiesta di incontro avanzata dai tre leader del centrodestra a Di Maio. Un appuntamento che Berlusconi rilancia in tarda sera («tocca ai leader, vedersi») e al quale Salvini tiene molto proprio per dimostrare a Di Maio la compattezza del centrodestra e che anche in prospettiva di un governo di tutti, l'intesa va stretta anche con il Cavaliere. Il vicepresidente della Camera si chiude per tutto il pomeriggio con i capigruppo Grillo e Toninelli.

Rifiutare l'incontro significa far saltare l'accordo, ma accettare il faccia a faccia con colui che Beppe Grillo continua a definire «lo psiconano», significa esporsi troppo anche per il futuro. Meglio quindi mandare i capigruppo all'incontro ed evitare magari un selfie che avrebbe un peso ben superiore al vilipeso patto del Nazareno. Senza contare, ragionavano ieri i grillini, che un vertice con i leader «rischia di trasformare il tavolo per le presidenze delle Camere in un tavolo per il governo e noi, con il centrodestra di Berlusconi, mai». Ciò non esclude però il possibile voto al Senato di M5S per un candidato di FI o l'uscita dall'aula qualora gli azzurri insistessero per Romani. Ma problemi Di Maio li incontra anche nel gruppo della Camera per Roberto Fico. L'esponente M5S avrebbe il vantaggio di tranquillizzare l'ala ortodossa del Movimento, ma per Di Maio - e non solo - la sua presidenza rischia di rendere più complicati i passaggi successivi alla formazione del governo. Un fitto giro di telefonate con Salvini, spinge Di Maio a tornare sul nome di Riccardo Fraccaro ribadendo il no a Paolo Romani. Un gioco incrociato di veti che non nasconde il braccio di ferro tra Salvini e Di Maio su chi dovrà avere un ruolo centrale nella formazione del governo. Chiusi i canali con il Pd senza aver spaccato il centrodestra, Di Maio rischia ora di dover chiudere la trattativa con Salvini dietro al quale spunta però la figura di Berlusconi che manda in fibrillazione gruppi e meetup.

LA CONFERMA
Dopo il vertice a palazzo Grazioli, il Cavaliere si era ritrovato con i capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta. Il primo resta il candidato di FI per palazzo Madama, ma pesa il veto 5S e così si mettono in fila anche le possibili riserve: Anna Maria Bernini (preferita da Berlusconi) e Elisabetta Casellati (spinta dal gruppo di FI). Due alternative, e non una, che confermano il clima anarchico che si respira in FI. «Da noi ognuno fa il cazzo che vuole», ammette lo stesso Ghedini intercettato dalla Dire mentre parla con la collega Bongiorno. Una conferma si ha alla Camera dove c'è la rivolta di vecchi e nuovi deputati per la cosiddetta proroga - che altro non è che una riconferma - di Renato Brunetta com capogruppo. I deputati azzurri non vogliono sia l'ex ministro a guidare il gruppo e intendono votare prima del 27, giorno in cui viene composta la conferenza dei capigruppo. Oggi, nel nuovo vertice del centrodestra, si rischia di

 

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