Riforme, Boschi: entro 25 maggio sì a riforma Senato e Italicum. No governo a ddl alternativo di 22 senatori democratici

Maria Elena Boschi
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Giovedì 3 Aprile 2014, 16:51 - Ultimo aggiornamento: 22:09

Forza Italia dimostri la sua buona volont sulle riforme e contribuisca ad approvare in prima lettura la riforma costituzionale e l'Italicum il 25 maggio». Lo dice il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi a Zapping.

Intanto oggi Gianni Letta e Denis Verdini hanno incontrato per oltre un'ora a palazzo Chigi il premier Matteo Renzi.

L'ufficio di presidenza del Pd del Senato manda intanto un messaggio di distensione al governo assicurando che si rispetterà il termine del 25 maggio per il primo passo della riforma costituzionale. Lo dice Andrea Marcucci esponente dei renziani che esprimono però un certo fastidio per il ddl alternativo presentato da Vannino Chiti che mantiene in vita un Senato eletto (ma togliendoli il potere di dare la fiducia al governo). Una proposta firmata da altri 21 senatori e che potrebbe raccogliere adesioni di alcuni dissidenti del M5S.

La sfida della minoranza del Pd al premier è passata infatti ieri dalle parole ai fatti con un ddl sulla riforma del Senato che diverge da quello del Governo sul principale punto «non negoziabile», vale a dire il fatto che i futuri senatori non siano più eletti dai cittadini. Su questo punto Renzi ha incassato invece invece l'appoggio di Mario Monti e Scelta Civica. «Sul Senato elettivo al momento non ci sono spazi», taglia corto Boschi, conversando con i cronisti a Palazzo Madama.

«Noi stiamo rispettando i patti. L'accordo che abbiamo siglato prevede sia la riforma della legge elettorale sia le riforme istituzionali. Noi abbiamo mantenuto la parola, ora si dimostri la buona volontà di Fi», insiste il ministro che non si è detta preoccupata né per le proteste di Forza Italia, né per i distinguo nel Pd e dei costituzionalisti come Rodotà e Zagrebelsky.

«Nessuno immaginava che il governo facesse sul serio. Abbiamo detto "entro marzo presenteremo una proposta riforma del Senato" ed effettivamente abbiamo mantenuto l'impegno». Tutti, continua, «pensavano fossero le solite chiacchiere di cui si discute da 30 anni. E nessuno si è preoccupato fino alla scadenza dei tempi. Ma - aggunge - noi ci mettiamo la faccia. E il Pd ha già fatto la sua scelta: ci siamo presentati con un programma e il 70% degli elettori del Pd che ci ha votato sapeva che avremmo trasformato il Senato in questo modo».

«Pur nel doveroso rispetto del confronto e dei cambiamenti che queste nostre riflessioni possono apportare al testo, c'è una consapevolezza: c'è una urgenza. Nessuno vuole dare ultimatum ma stimolare una accelerazione», afferma poi il ministro per le Riforme in audizione al Senato.

«Non condivido le perplessità sulle elezioni di secondo livello: i consiglieri e i sindaci hanno una legittimazione popolare quando vengono eletti», sottolinea ancora il ministro delle Riforme. «È un meccanismo previsto in altri ordinamenti. Se vogliamo rifarci al diritto comparato, non è una stranezza che si è inventato questo governo ma è presente in altri Paesi di comprovata democrazia come Francia o Germania», aggiunge il ministro Boschi.

«C'è una apertura a rivedere le modalità di composizione del numero dei senatori riguardo i criteri proporzionali rispetto alla popolazione», rileva ancora il ministro, chiedendo, però, di «evitare un numero eccessivo di senatori».

«Non so cosa si siano detti ieri Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. Immagino che Berlusconi abbia

confermato l'impegno per le riforme», osserva poi Boschi a Unomattina. «Negli incontri che abbiamo avuto con Forza Italia non è mai stato confuso il tema delle riforme con le questioni giudiziarie di Berlusconi».

Il ddl dei democratici dissidenti. Cento senatori eletti, più sei dalla circoscrizione Estero, e 315 deputati. Questi i numeri della riforma istituzionale proposta da Chiti e sottoscritta per ora da altri 21 senatori (ma le adesioni stanno arrivando). Nella sede del direttivo del gruppo Pd a palazzo Madama, Chiti ha spiegato, insieme a una decina di colleghi del gruppo, che rispetto ai quattro pilastri delle riforme di Renzi, questo ddl ne conserva o migliora tre, e ne cambia il quarto, inserendo appunto l'elettività del «Senato delle autonomie e delle garanzie».

Chiti spiega che «resta l'impianto della fiducia concessa dalla sola Camera (ma con i rappresentanti degli italiani all'estero che passano a palazzo Madama), resta confermato il superamento del bicameralismo paritario (il Senato si pronuncia su leggi costituzionali, leggi elettorali, trattati internazionali, questioni e diritti fondamentali costituzionalmente tutelati)».

Sul fronte dell'indennità, Chiti sottolinea che «si tratta di un tema da affrontare in modo serio nell'ambito dei costi complessivi della politica: nel ddl si propone di equiparare le indennità di senatori e deputati a quella del Sindaco di Roma Capitale» e così, con il mix di riduzione dell'indennità e di riduzione del numero dei parlamentari si arriverebbe a risparmiare di più rispetto alla proposta del governo.

Sul cosiddetto «quarto pilastro» della riforma governativa c'è invece la netta distinzione: «Noi sosteniamo - afferma Chiti - l'elezione dei senatori perchè riteniamo sia giusto che siano i cittadini a sceglierli, anziché continuare a giocare sul meccanimso della delega. La democrazia si regge sulla sovranità dei cittadini» ed è un bene per la stessa democrazia «evitare la sovrapposizione degli incarichi» quale deriverebbe dal ruolo di rappresentante regionale o sindaco e senatore.

Il ddl, che è stato depositato ma non ancora pubblicato perché necessita di correzioni tecniche, ovvierebbe, secondo Chiti, anche all'inosservanza pratica sulla rappresentanza di genere, quale deriverebbe dal progetto governativo: «Appartengo ad un partito che ne fa un punto centrale: come la si garantirebbe?», alla luce del numero ancora non adeguato di donne presidente di Regione o con incarico di consigliere o sindaco.

E ancora: il Senato così concepito, per il quale l'età dell'elettorato passivo viene abbassata da 40 a 35 anni, verrebbe eletto con metodo proporzionale, allo scopo di «far sì - prosegue Chiti - che la democrazia mantenga delle basi larghe» evitando di escludere dal circuito delle istituzioni forze politiche numerose, o nuove, ma non in grado di superare la soglia di sbarramento previsto dal meccanismo maggioritario valido per la Camera.

Infine, ci sono temi, relativi a diritti fondamentali (informazione, libertà personale, temi etici) che non

possono essere esaminati da una sola Camera e viene previsto il ruolo di garanzia dell'altro ramo parlamentare, per cui viene confermato in quest'ambito il bicameralismo perfetto.