Berlusconi litiga con i suoi avvocati: «Ho diritto di parola». I legali: «Serve più prudenza»

Nicola Ghedini
di Sonia Oranges
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Mercoledì 30 Aprile 2014, 10:06
Silvio Berlusconi incassa con insofferenza se non vera e propria rabbia l’altol lanciato dai giudici del Tribunale di Sorveglianza che esamineranno le sue recenti dichiarazioni sull’affidamento ai servizi sociali. «Io il diritto di critica e di parola me lo tengo», ha messo in chiaro con i suoi. Odia, è chiaro, dover smorzare i toni. Ma quando ieri sera si è collegato telefonicamente con un nuovo comizio forzista a Torino, si è ben guardato anche solo dallo sfiorare l’argomento toghe. L’ex Cavaliere aveva anticipato ai fedelissimi che intendeva spendere l’intera campagna elettorale all’attacco, costi quel che costi. E a chi ieri si domandava se la sua non sia una vera e propria strategia per essere arrestato, i forzisti più realisti del re confermavano che sì, per Berlusconi un’eventualità così estrema sarebbe un terno al lotto, un’occasione «per trasformarsi nel martire definitivo». Anche perché prima degli eventuali domiciliari ci sarebbe un passaggio obbligato in carcere: un mega-spot elettorale, per qualcuno.



In realtà le cose non stanno proprio così: l’idea di finire ai domiciliari, senza poter più comunicare con l’esterno né tantomeno fare campagna elettorale, lo preoccupa. Soffre la sordina impostagli dal suo destino giudiziario: «Questa cosa è assurda. Vogliono zittirmi, impedirmi di esprimere le mie legittime opinioni», lamentava ieri, riferendosi alla velata minaccia arrivata dalle aule di giustizia, dopo gli strali lanciati, in diretta a Mattino Cinque a tutto campo. Sulla sentenza Mediaset, «un altro colpo di Stato, utilizzata per cacciarmi dal Senato, per rendermi incandidabile per 6 anni, togliendo il leader del centrodestra e l'unico che riusciva a tenere insieme i moderati»; e contro il capo dello Stato Giorgio Napolitano, definito «profondo rosso». Contro Angela Merkel e Beppe Grillo che «mi fa ricordare personaggi come Robespierre oppure Marx e Lenin: è il prototipo di questi signori Hitler compreso».



IL FATTORE DUDÙ

Nel suo entourage tutti sono consapevoli che ci sono poche vie d’uscita e che nel gioco c’è anche il rischio della squalifica, ovvero che i magistrati ritornino sui propri passi: «Berlusconi, a questo punto, può solamente spingere sulla sua condizione, sottolineare il suo ruolo di vittima. Che cos’altro potremmo fare? Una campagna elettorale incentrata sul cane Dudù», spiegava ieri una fonte berlusconiana, tra lo scoraggiato e il rassegnato. Chi non si è rassegnato, invece, è l’avvocato Nicolò Ghedini, che nella doppia veste di politico e di legale, ha strapazzato il capo: «Ma che cosa combini? Dopo tutto quello che abbiamo fatto per raggiungere un risultato e fare in modo che tu restassi in campo, in un modo o nell’altro, proprio alla vigilia di un’elezione importante, tu rovini tutto con poche frasi a effetto?».

Berlusconi, però, insiste: «Sarò più attento, ma non ritengo di aver detto nulla di grave», ha promesso prima dell’incontro con i vertici della Sacra Famiglia. A meno di nuove esternazioni che facciano spezzare la corda già tesa del suo rapporto con la magistratura. La tensione oggi dovrebbe essere allentata grazie alla sua assenza dal piccolo schermo. E anche ieri in serata, collegandosi telefonicamente con una manifestazione torinese, ha parlato di Renzi, di Grillo, dell’Europa e degli anziani. Ma non di giustizia.
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