Berlusconi: «Nessuno mi può ricattare
Lavitola? Andiamo a vedere telefonate»

Silvio Berlusconi ad Atreju (foto Mauro Scrobogna - Lapresse)
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Venerdì 9 Settembre 2011, 19:25 - Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 00:42
ROMA - Nonostante la wagneriana Cavalcata delle Valchirie, gli applausi e le bandiere che lo hanno accolto, Silvio Berlusconi non ha trovato il tutto esaurito ad Atreju, la 13^ festa dei giovani Pdl all'ombra del Colosseo. Il premier ha anche avuto un piccolo inciampo salendo sul palco, dove è arrivato planando tra le braccia del ministro Giorgia Meloni. E' lo stesso Berlusconi a dire «vedo ancora dei posti vuoti lassù in alto», invitando i giovani a prendere posto prima dell'inizio della kermesse. «Grazie per la splendida accoglienza: apre il cuore avere a che fare con i giovani dopo che si è avuta la ventura o la sventura di vedere certi telegiornali», dice poi il premier, che durante il suo discorso sciorina i suoi temi preferiti: premier senza poteri, magistratura comunista, giornali e telegiornali cattivi, sinistra anti-italiana.



Non temo le inchieste su di me. «No, perchè?», risponde Berlusconi ai giornalisti che gli chiedono se teme l'ultima inchiesta aperta dalle procure di Bari e Napoli su presunti ricatti nei suoi confronti da parte di Giampaolo Tarantini e Valter Lavitola. «Tutti abbiamo degli umani sfoghi che abbiamo il diritto di fare se parliamo al telefono con altre persone. Un Paese senza privacy dove le conversazioni sono ascoltate e anche sfornate sui giornali non è un Paese completamente libero», aggiunge riferendosi alle ultime intercettazioni sul caso Tarantini-Lavitola.



Presidente si sente ricattato? «Non c'è nessuno al mondo che mi possa ricattare. Andiamo a vedere le telefonate, Il mandato di cattura è successivo di sei giorni», spiega a proposito della intercettazione telefonica in cui avrebbe consigliato a Lavitola di non tornare in Italia.



«Io sono l'unico politico in Italia che non ha mai offeso nessuno, forse qualche volta ho esagerato in ironia, ma mai con offese brutali come quelle rivolte a me dai nostri oppositori». Rispondendo a chi gli chiede come debba essere il rapporto tra pubblico e privato per un leader politico, Berlusconi spiega che «un leader politico deve essere qualcuno che la gente può stimare in modo globale. Io ho grande considerazione di me stesso e quando mi guardo allo specchio non ho niente di cui rimproverarmi».



«La sovranità popolare è dei magistrati», dice il premier, sottolineando che ogni volta che viene approvata una legge se «non piace a Magistratura Democratica, politicizzata e di sinistra viene mandata alla Corte Costituzionale a maggioranza di sinistra e viene puntualmente abrogata. I cittadini sono depositari della sovranità popolare; i cittadini votano e col voto passano la sovranità popolare al Parlamento e ai suoi membri. I membri del Parlamento votano, ma il risultato del loro lavoro viene abrogato. Sintetizzando e semplificando oggi la sovranità popolare non è più dei cittadini e del Parlamento ma è dei magistrati di Magistratura democratica. Lo strapotere della magistratura che da ordine dello Stato si trasforma sempre più in potere indipendente da qualunque controllo è intollerabile, da combattere e cancellare».



Senso di impotenza drammatico, non ho poteri. «È difficilissimo» governare e «trovarsi a fare i conti con tutte le difficoltà» ereditate dal passato, «in un sistema che non dà alcun potere al presidente del Consiglio e al governo. Sono stati i governi del compromesso storico ad avere la colpa del debito pubblico, un'eredità pesantissima che ci viene dal passato recente dagli anni '70 fino al '92. Ho sentito in questi anni un senso di impotenza drammatico», dice Berlusconi. Durante il lavoro di elaborazione delle leggi «dobbiamo naturalmente tenere presenti i suggerimenti del Quirinale. Il governo non ha nessun potere. Può solo suggerire al Parlamento dei disegni di legge o fare decreti che poi il Parlamento può modificare e che se non approvati decadono dopo 60 giorni». Spiegando che l'iter di una legge deve passare da entrambe le Camere il premier sottolinea poi che una volta uscita dal Parlamento una legge «se non piace in qualche particolare al Quirinale deve tornare alle Camere che la devono rivotare».



«Quando si sente dire che ci vuole un governo tecnico a noi nel governo viene da ridere, perchè se anche arrivasse il miglior tecnico del mondo non avrebbe nemmeno l'autorevolezza personale per imporsi agli altri ministri. E poi non vedo tanti tecnici che possano mettere in campo anche l'autorevolezza politica necessaria. Arriverò certamente alla fine della legislatura, attraverso la mia autorevolezza personale che mi permette di tenere insieme la squadra anche attraverso la mia autorevolezza politica. Solo ora abbiamo la fondata speranza che la maggioranza possa arrivare ad approvare la riforma della giustizia perchè prima c'era in maggioranza l'Udc e il partito di Fini che si opponevano. Abbiamo 18 mesi per fare la riforma dell'architettura dello Stato, quella della giustizia e quella del sistema fiscale».



«Nessun tecnico al mondo avrebbe fatto il miracolo che abbiamo fatto noi - dice Berlusconi riferendosi alla manovra - Con la lettera riservata che ci hanno chiesto loro di mantenere tale, scritta insieme alla Banca d'Italia la Bce ci ha indicato non solo di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 ma anche in che modo avrebbero preferito che fosse raggiunto. Ho accettato il contributo di solidarietà anche se aveva ricevuto un mare di critiche e io avevo detto che il cuore mi grondava sangue perchè io mi sono sempre vantato di non aver mai messo le mani in tasca agli italiani, per ottenere dalla Lega il via libera sulle pensioni. Si fa così perchè è un do ut des. Mandare la gente in pensione a 65, anche 67 anni, è qualcosa che funziona perchè la vita media anche con gli interventi chirurgici si è spostata in alto e così anche la capacità di lavoro, ma non parlo dei lavori usuranti».



Dai partiti e dai giornali della sinistra sulla manovra di ferragosto è venuta una «campagna totalmente anti-italiana». Questa, spiega Berlusconi, è stata la reazione della sinistra, nonostante lui personalmente avesse assicurato apertura ai «suggerimenti» e agli «emendamenti», «col buon senso del padre di famiglia». Il premier, parlando alla festa dei giovani del Pdl, sottolinea che dalla sinistra «ci hanno detto che avevamo perso la bussola». E, accompagnando le sue parole con un movimento delle braccia simile a un gesto dell'ombrello, aggiunge: «Allora sono pronti per una dittatura, che dice: questa è la manovra, prendetela così e basta».



A sinistra «non c'è un solo protagonista degno di pensare di diventare presidente del Consiglio dei ministri - rincara la dose Berlusconi - Sono assolutamente convinto che gli elettori moderati prevarranno su questa sinistra che abbiamo la disgrazia di trovarci di fronte».



La decisione su una ricandidatura alla presidenza del Consiglio «sarà da prendere alla fine di questa legislatura. Farò ciò che in quel momento sarà necessario fare - dice ancora Berlusconi - Dopo venti anni di attività politica, che sono un periodo enorme perchè la vita politica è drammaticamente pesante, mi sembra che sarei giustificato e avrei consolidato il diritto di rinunciare alla richiesta del mio partito di ricandidarmi. Due persone stimo sopra gli altri, Angelino Alfano e Gianni Letta. Il mio pensiero non recondito è vedere Letta al Quirinale e Alfano presidente del Consiglio. Davanti alla situazione politica e giudiziaria del Paese viene voglia di dire di scappare ma io resto con voi perchè questo Paese va cambiato».



«L'opposizione mi ha attaccato dicendo che in occasione della festa dell'amicizia con la Libia ci eravamo inchinati a Gheddafi: non è mai successo. Io baciavo la mano a Gheddafi non come atto di sottomissione, ma di educazione» e come gesto di rispetto per le usanze libiche, dice Berlusconi. Il premier ricorda i rapporti stretti con la Libia di Gheddafi. «La prima volta mi trovai in una situazione drammatica di ostilità assoluta e totale nei nostri confronti. Poi misi in campo la mia capacità di relazione con Gheddafi e misi fine a questa situazione. Chiesi perdonoe questo mi ha portato la simpatia non solo libica, ma anche di molti leader di stati africani. Così potemmo consolidare la nostra presenza in Libia, importante per le forniture di gas e olio». Quanto all'azione dei ribelli libici, Berlusconi ha spiegato che «non c'è stato un sommovimento popolare» come in altri paesi nordafricani e in Libano, «dove un vento di libertà inizia a soffiare». Al contrario, a Tripoli «uomini di potere hanno deciso di dare vita a un'altra era facendo fuori Gheddafi». Ma «non c'è stato un sommovimento popolare perchè Gheddafi era amato dal suo popolo, come ho potuto vedere quando sono stato in Libia».
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