Berlusconi, figli e amici in ansia: Silvio circondato da troppi sfruttatori

Silvio Berlusconi
di Maria Latella
4 Minuti di Lettura
Giovedì 10 Aprile 2014, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 08:23
MILANO - Via Paleocapa, le 12,30 di luned scorso, primavera milanese calda come un anticipo d'estate. Una berlina blu scivola dal cortile del quartier generale di Fininvest. Accanto all'autista, c'è Marina Berlusconi. Pochi minuti dopo su un'altra berlina, scivolerà via Fedele Confalonieri. Destinazione comune: villa San Martino, il consueto pranzo di lavoro ad Arcore, a casa di Silvio Berlusconi con figli e consiglieri stretti. Stavolta manca Barbara, partita per Abu Dhabi domenica mattina, alla ricerca di nuovi e finanziariamente solidi soci per il Milan e rientrata ieri per vivere col padre la decisione dei giudici: servizi sociali o arresti domiciliari.



Il pranzo di quest'ultimo lunedì è stato uno di quegli incontri interlocutori in cui ci si vede perché bisogna vedersi ma sapendo che nulla si potrà decidere perché, di fatto, c'è solo da attendere. Tramontata l'ipotesi della candidatura blitz di una delle figlie. Almeno ora, almeno per le europee. «Non sono cose che puoi organizzare in un mese - riflette una persona che, come si dice, è piuttosto informata dei fatti -. La candidatura di Marina o, con più ostacoli, quella di Barbara, andrebbe costruita per tempo, spiegandola all'elettorato che altrimenti può dirti: ok, si chiama Berlusconi, ma in politica finora cosa ha fatto? Tutti citano il caso di Marine Le Pen, ma Marine Le Pen il percorso se l'è costruito anno dopo anno ed il potere se l'è preso, estromettendo il padre».



RUBY E ALTRI RICORDI

Altre voci, altre stanze. Qui a parlare sono gli amici della prima ora, quelli che per Berlusconi sono davvero stati cerchio magico perché, lavorando in team, hanno contribuito alla creazione dell'impero. «Errori ne ha fatti anche lui. Sì, è tutto vero, c'è stato un complotto, c'è stato l'ostacolo Napolitano che per dargli la grazia pretendeva si levasse di torno, ci sono stati i giudici che come dice Silvio non gli hanno dato tregua: tutto vero. In parte vero anche quello che racconta Tremonti nel suo libro a proposito delle decisioni prese in Europa per far fuori il governo Berlusconi». L'amico fa una pausa e un mezzo, ironico, sorriso: «Peraltro il primo che voleva fare le scarpe a Berlusconi era proprio lui, Tremonti. Lo sapevamo tutti. Baldassarri, all'epoca sottosegretario, sarebbe stato il suo ministro dell economia».



FIACCATO DAI PROCESSI

Ricordi, passati veleni, merce abbastanza inutile in questa settimana in cui si decide come verrà la fine, se in forma morbida, con tanti riflettori, o in forma mesta, con le luci della ribalta che una dopo l'altra andranno a spegnersi sul più grande venditore mai sperimentato dalla politica italiana. Prima di arrivare a inchiodarlo sui suoi errori, però, l'amico è disposto a concedere molte attenuanti a Silvio Berlusconi: i processi, ad esempio, «di certo l'hanno fiaccato. Quello su Ruby, soprattutto. Poi oggi vedi che i clienti delle baby squillo romane possono patteggiare e uscire dall'inchiesta pagando 40 mila euro. Quale messaggio si manda all'opinione pubblica? Possibile che solo Silvio debba rischiare sette anni di galera per una Ruby?».



IL CLAN

Queste le attenuanti. Ma gli errori oggi pesano di più e rimuoverli ormai è impossibile perfino per lo stesso Berlusconi. «Ne ha fatti anche lui - sospira l'amico -. Ci sono quelli che riescono a evitarli. A Silvio non è riuscito. Troppe ragazze, troppa indecisione. E, soprattutto, troppa poca cattiveria. Ecco, il grande errore di Silvio è non essere stato capace di quella cattiveria politica che invece Renzi ha e sa usare... Silvio avrebbe dovuto tenersi tutti, i Fini, gli Alfano, anche Marco Follini, guardi. Perché la politica è cosi: te li tieni e cerchi di fregarli». «Invece - e qui interviene un altro amico, un altro punto di vista - Invece Berlusconi non si è tenuto Fini e Alfano e s'è tenuta gente che è molto peggio. Gente che l'ha usato e lo sta usando ancora».



La logica dei piccoli clan, appunto. Il clan che punta alla sopravvivenza sperando in un traghettamento con Renzi via Ncd, l'altro che spera in qualche anno di dignitosa politica... Finirà, tra qualche anno, con Forza Italia al dieci per cento, com'era il Front National prima di Marine Le Pen? L'amico scuote la testa: «In questo caso, non so se ci sarà mai una figlia a guidare il partito». E con retorica malinconia mi interroga: «Ma secondo te uno come il Cavaliere, uno che ha insediato Alfano come suo erede e subito dopo ha fatto sapere che non aveva il quid. Uno che ha di fatto bruciato Giovanni Toti alimentando aspettative che non potevano non rivelarsi eccessive, uno cosi, insomma, può accettare di sentirsi messo in un angolo, fosse pure dall’amata figlia Marina? Può accettare che da qui a qualche mese un partito si rivolga direttamente a lei?».