Alfano: «Un errore arresto Navalny. Ma dialogo con Mosca vada avanti»

Alfano: «Un errore arresto Navalny. Ma dialogo con Mosca vada avanti»
di Marco Ventura
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Martedì 28 Marzo 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 14:22

«Ho parlato del caso Navalny col ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Ho posto la questione sia nell’incontro bilaterale col mio omologo, sia nella conferenza stampa. Ho manifestato la preoccupazione per quanto accaduto ed espresso la piena adesione alla linea dell’Unione Europea». Angelino Alfano, il nostro capo-diplomazia, visita Mosca nel pieno delle polemiche.

Che cosa ha detto a Lavrov e cosa le ha risposto?
«Ho condiviso la posizione europea che è netta e chiara. Lavrov ha risposto in termini altrettanto chiari, ribadendo la posizione russa».

Qual è la linea dell’Italia?
«Ho ribadito con forza, anche pubblicamente, l’importanza che la nostra Costituzione attribuisce alla libertà di manifestare il pensiero, tradotta in tutte le leggi che regolano da noi questa materia. Per noi italiani e europei, la libertà di pensiero è alla base dei principi di libertà, recepiti poi nelle convenzioni internazionali. L’Europa chiede di “liberare senza indugio i manifestanti pacifici fermati, ai quali le operazioni della Polizia hanno impedito di esercitare le libertà fondamentali, fra cui quelle di espressione, associazione e riunione pacifica, inscritte nella stessa Costituzione russa”».

A Mosca ha avuto l’impressione che ci siano rischi per Putin?
«Non mi è sembrato di vedere un rischio di destabilizzazione del sistema in Russia».

Putin è il dittatore che alcuni dipingono, o il nuovo corso dei rapporti con Trump potrà modificare la sua immagine?
«Nessuna mente ragionevole può auspicare un rapporto ancora più freddo di oggi tra Est e Ovest, tra Russia e Usa. Bisogna augurarsi invece che il rapporto si rinsaldi, che per esempio sul dossier siriano come su quello libico ci possano essere convergenze che portino frutti per la pace e la sicurezza. In Libia, in particolare, per stabilizzare i flussi migratori».

L’Europa accusa Mosca di finanziare gruppi e movimenti che lavorano per lo sfaldamento dell’Unione Europea. È così?
«Vi sono risoluzioni dell’Europarlamento e prese di posizione pubbliche, ma non ci sono prove al riguardo. Ciascun movimento politico deve poter vincere nel proprio Paese con le proprie forze, confidando sempre nella correttezza di relazione tra Paesi, soprattutto se legati da vincoli rilevanti come quello della comune lotta al terrorismo internazionale».

Tra Russia ed Europa adesso ci sono di mezzo anche le sanzioni per la crisi ucraina.
«Abbiamo lavorato per i gasdotti da Mosca in piena guerra fredda e nel periodo del riarmo nucleare, col Muro di Berlino ancora alto. A maggior ragione adesso non transigiamo sui principi, come dimostrano le adesioni dell’Italia alle sanzioni, ma ciò non significa che si debbano interrompere i rapporti».

Avrete parlato anche di Libia e Siria. La Russia è schierata col generale Haftar a Bengasi. È possibile trovare un punto d’equilibrio?
«Lavrov mi ha ribadito che la Russia non offre un appoggio esclusivo al generale Haftar, anzi porta avanti una politica inclusiva. A nome dell’Italia ho ribadito che la Libia è una e non distinta tra Est e Ovest. Noi crediamo nell’unico popolo, unico Stato e nel riconoscimento del governo legittimo di Al-Sarraj. Poi anche nel coinvolgimento di Haftar e nell’inclusione di tutte le parti libiche ma sempre nella cornice del legittimo governo libico».

Un accordo con la Russia sulla Libia si troverà?
«In Libia la pace la possono fare solo i libici, non può essere imposta dall’esterno. Noi favoriamo ogni formato per facilitare il compito di chi vuole stabilità e pace».

E sulla Siria? Anche qui posizioni diverse?
«Su Medio Oriente e Siria ho ribadito che il processo di pace di Astana (voluto dalla Russia, ndr) è una strada efficace per ottenere il cessate il fuoco, per quanto fragile. Ma non può essere il luogo nel quale si risolve tutta la questione politica della Siria. Sosteniamo gli sforzi dell’inviato dell’Onu, Staffan de Mistura, a Ginevra. Pensiamo che il destino del popolo siriano lo debbano decidere i siriani, a conclusione di un processo di inclusione politica il più largo possibile e al termine di una vicenda da concludersi con regolari elezioni. L’Europa ha un ruolo da giocare, in linea con i suoi valori e la sua storia, soprattutto quando verrà il momento della ricostruzione, non mentre ancora c’è il frastuono delle bombe».

Si profila la sconfitta dello Stato islamico?
«Sarà una sconfitta molto importante sul piano militare, ma potrebbe non essere sufficiente. Non possiamo abbassare la guardia: il rischio che le milizie si camuffino in forma anche di criminalità organizzata è sempre dietro l’angolo. L’eventuale sconfitta militare non sarà risolutiva. Ciò che oggi è brandizzato in franchising sotto forma di Daesh o terrorismo, può ripresentarsi sotto altre spoglie e essere molto pericoloso».

Passi in avanti nei rapporti economici tra Italia e Russia?
«È presente in Russia una comunità di imprenditori italiani che vuole restare in Russia e incrementare gli investimenti. Resta aperta la questione strategica dell’energia e altre che riguardano le infrastrutture del Paese a partire dall’alta velocità ferroviaria».
 

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