Al tavolo cadono i tabù dei 5Stelle: le grandi opere entrano in agenda

Al tavolo cadono i tabù dei 5Stelle: le grandi opere entrano in agenda
di Stefania Piras
3 Minuti di Lettura
Lunedì 14 Maggio 2018, 09:03
dal nostro inviato
MILANO Se stiamo insieme ci deve essere un perché. Il primo punto del contratto stilato da M5S e Lega è una specie di avvertenza metodologica necessaria a far capire che «siamo e rimaniamo forze politiche alternative». E infatti il titolo del primo capitolo di questo romanzo di formazione, o coabitazione forzata, è: «Il funzionamento del governo e dei gruppi parlamentari». E' uno spiegone sul perché il Movimento e il Carroccio sono tenuti alla cooperazione. La verità è che per la prima volta al Pirellone i volantini elettorali si fanno prassi di governo. E, ecco la notizia, la linea pragmatica del Movimento supera quella ortodossa e cerca di ragionare sui bisogni «e le opere che l'Italia aspetta da 30 anni» come mette in chiaro Luigi Di Maio. Basta dare uno sguardo ai temi messi nero su bianco nel contratto. Capitolo trasporti: c'è ovviamente tutta la narrazione green del Movimento, e c'è il provvedimento anticipato da Roma Capitale che sposa l'accordo di Parigi e quindi il divieto entro il 2030 di commercializzazione di mezzi a diesel e benzina. Ma è sulle lunghe percorrenze la rivoluzione tolemaica. Come aveva evidenziato il documento redatto da Giacinto della Cananea entra in gioco l'alta velocità. E quindi viene prevista una massiccia cura del ferro che vuol dire una cosa sola in due parole: grandi opere. Il treno è infatti considerato l'infrastruttura migliore per aumentare il traffico in modo sostenibile ed efficace. Soprattutto si avverte nel Movimento la necessità di programmare. E non è un caso che ieri Luigi Di Maio abbia condiviso il post su Facebook di Virginia Raggi che ha inaugurato una nuova stazione della metro C a Roma che ricucirà periferia e centro. «Dimostriamo che le grandi opere si possono realizzare», scrive Raggi e Di Maio alza il pollice su.
Nel contratto diventa centrale il ruolo dell'Italia come area geografica strategica per tutta l' Europa continentale.

HUB ITALIA
Ed è prevista una riforma dei porti che vada avanti rispetto a quella recente. Si vuole rivoluzionare il sistema di interscambio, sviluppare le aree retroportuali e lo switch intermodale gomma-ferro. Si analizza la situazione degli scali marittimi che non basterebbero ad assorbire il traffico attuale ma soprattutto potenziale. E qui, appunto, entrano in gioco le grandi opere.

Si ragiona di investimenti e di visione a lungo termine, come si intuisce nel contratto che sta per chiudersi. Tradotto: arrivano solo navi di medie dimensioni e la grande torta del traffico se la mangia invece l'Olanda a scapito di quel pezzo di Europa che nell'Italia vedrebbe invece uno snodo strategico. «Arrivare a Rotterdam da Suez comporta molti più giorni di navigazione», è il ragionamento che sottintendono quelli che hanno partecipato al tavolo. A Genova ci sarebbe un punto di attracco nuovo che al momento è sottoutilizzato. E questo vorrebbe dire possibilità di moltiplicare gli scambi commerciali da e per l'Italia, in Italia. Questa in sintesi è la richiesta che il tessuto produttivo ha consegnato ai due schieramenti politici che ora sono chiamati a tradurlo in fatti e appunto, opere infrastrutturali. Non è citato ma è chiaro: si parla dal Terzo Valico. Sarà complicato per i pentastellati liguri che lo hanno sempre avversato ma il dialogo prevede proprio che le posizioni più radicali vengano smussate. Al tavolo partecipa una ex ortodossa come Laura Castelli, la torinese entrata in Parlamento col fazzoletto No Tav al collo che ora è chiamata a dare prova di grande realismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA