Adozioni, Orlando a Costa: il giudice deve interpretare la legge per tutelare il bimbo

Adozioni, Orlando a Costa: il giudice deve interpretare la legge per tutelare il bimbo
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Lunedì 16 Maggio 2016, 17:37 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 13:39

«Non è nostro compito dire come devono intervenire i magistrati con le sentenze. Siamo noi a chiedere con la legge ai giudici di svolgere la loro attività interpretativa, che non è comprimibile». Essendo al centro l'interesse del minore, «la legge chiede ai magistrati di apprezzare il caso concreto». Lo ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, rispondendo davanti alla Commissione Giustizia a domande sulla legge sulle adozioni, alcune delle quali hanno fatto riferimento anche alla stepchild adoption.

«Se si tratta di una prognosi di carattere giuridico, avrei bisogno di capire gli elementi su cui si fonda. Se è un'indicazione ai magistrati credo di aver già risposto», ha poi aggiunto Orlando, replicando alle affermazioni del collega di governo Enrico Costa, secondo cui con la legge sulle unioni civili non c'è più spazio per la giurisprudenza creativa in materia di spepchild adoption. Due giorni fa, Costa aveva detto che «non può rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta: in tema di stepchild adoption fino a oggi la giurisprudenza ha dato delle interpretazioni colmando un vuoto normativo. Ora quel vuoto non c'è più, c'è una norma chiara che esclude la stepchild adoption, a maggior ragione alla luce dei lavori parlamentari, e quindi mi attendo di vedere chiusa una fase di interpretazione creativa».

«Non c'è una ricetta che possa valere una volte per tutte», «non ci può essere una definizione a priori soprattutto perché al centro c'è l'interesse del minore e la continuità affettiva», ha detto ancora Orlando, parlando della legge sulle adozioni.

Sono trecento i minori adottabili in Italia ma che nessuno ha adottato, ha poi rivelato Orlando. Il ministro ha parlato di una «significativa flessione» negli ultimi anni delle domande complessive di disponibilità all'adozione da parte delle coppie di aspiranti genitori, «a fronte di un numero complessivo tendenzialmente costante di minori adottabili». Quanto al fenomeno specifico di quei 300 minori, che non sono stati adottati, pur essendoci le condizioni per farlo, dietro ci sono motivazioni «di particolare delicatezza: spesso, si è di fronte a condizioni di salute (fisica o psichica) particolarmente difficili e legate a patologie irreversibili; in numerosi casi, si tratta di ragazzi in piena fase adolescenziale, talvolta già oltre i 15/16 anni, tra i quali non pochi stranieri non accompagnati, tutti dichiaratamente refrattari all'accettazione di una famiglia adottiva e legati a un ricordo strutturato e intenso del vissuto biologico, cui si accompagna il desiderio di un ritorno al contesto di appartenenza con il quale, in ogni modo, intendono rimanere in contatto». In ogni caso, «tutti i minori non collocati in adozione sono sistemati in famiglie affidatarie o in case famiglia» ha assicurato il ministro.

La realtà dei minori adottabili ma che non vengono adottati «impone» una riflessione sulla durata degli affidamenti familiari, attualmente fissata in due anni, prorogabile una volta soltanto, ha poi sottolineato il ministro della Giustizia. «Sembrerebbe necessario considerare - ha osservato tra l'altro Orlando - se questo rigore aritmetico, che mira ad evitare la perpetuazione dell'incertezza delle relazioni, consenta di trovare sempre la migliore soluzione per il minore».

Sono in calo infine le adozioni internazionali. Nel primo semestre del 2015 i relativi procedimenti definiti sono stati 3.189, a fronte degli 8.540 del 2012, dei 7.421 del 2013 e dei 6.739 del 2014. «Il calo registrato per il nostro Paese si riscontra anche nel panorama internazionale», ha detto Orlando. Esemplare il caso degli Stati Uniti: «sono entrati, nel 2015, 6.408 bambini adottati con adozione internazionale, mentre, nel 2005, le adozioni internazionali degli Stati Uniti riguardarono 22.508 bambini: un crollo di oltre il 70%». Attualmente l'Italia, ha segnalato il ministro, è comunque il Paese al secondo posto al mondo per numero di accoglienze di bambini attraverso l'adozione internazionale, superato solo dagli Stati Uniti d'America.

Tra le «criticità, che hanno contribuito a creare un clima di crescente sfiducia verso l'istituto dell'adozione, soprattutto internazionale», Orlando indica la maggiore preparazione che si richiede oggi alle famiglie che aspirano all'adozione internazionale, considerato che sempre più spesso hanno di fronte «minori non più in tenera età», «gruppi numerosi di fratelli», «bambini con particolari esigenze sanitarie». Pesano anche «l'importante impegno economico necessario per concretizzare un'adozione internazionale», le «attese lunghe» e i «percorsi complessi». Un aiuto potrebbe venire dall'istituzione dell'Agenzia italiana per le adozioni internazionali, che dovrebbe svolgere funzioni di assistenza giuridica, sociale e psicologica per le coppie che intendono adottare e coordinare le diverse istituzioni in campo. 

 

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