Ue, nuove etichette su prodotti israeliani: si sapra se arrivano da territori occupati. Israele: «Decisione non aiuta la pace»

Ue, nuove etichette su prodotti israeliani: si sapra se arrivano da territori occupati. Israele: «Decisione non aiuta la pace»
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Sabato 21 Novembre 2015, 10:48 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 13:32
La Commissione europea ha approvato la cosiddetta 'nota interpretativà alle linee guida pubblicate ad aprile 2013 per l'etichettatura dei prodotti nei territori occupati da Israele. La nota era stata sollecitata ad aprile da 16 governi Ue, compresa l'Italia. È prevista l'indicazione di provenienza da «insediamenti».



L'etichettatura con l'indicazione d'origine è obbligatoria, secondo le regole generali del commercio nell'Unione europea, per i prodotti agricoli e per i cosmetici. È però consentito che venga indicato come 'made in Israel' il vino imbottigliato entro i confini del 1967 ed anche se prodotto con uve coltivate nei territori, per il principio secondo il quale prevale la provenienza in cui viene realizzata la maggior parte del valore aggiunto.



In base all'accordo di associazione tra Israele e Unione europea, i prodotti nei territori occupati dal 1967 in Cisgiordania e nel Golan sono esclusi dai benefici doganali. La norma interpretativa varata oggi sarà pubblicata già oggi sulla versione elettronica della Gazzetta Ufficiale della Ue ed immediatamente operativa.



«Non si tratta quindi di nuovi obblighi, ma del chiarimento necessario per uniformare l'applicazione nei 28 paesi Ue» viene sottolineato nella Commissione, ricordando che ad esempio Gran Bretagna, Belgio e Danimarca avevano già anticipato l'obbligo di etichettatura. Il volume del commercio tra Ue ed Israele è nell'ordine di circa 30 miliardi di euro l'anno (17 mld di export europeo verso Israele, 13 mld di import nella direzione opposta).



Il valore del commercio con l'Europa di prodotti dei territori occupati rappresenta meno dello 0,5%: 154 milioni di euro nel 2014. L'obbligo di etichettatura, è stato spiegato da fonti della Commissione, ricade sull'intera filiera: dal produttore all'importatore fino al dettagliante. E potrà fondarsi sui documenti doganali di accompagnamento delle merci. È lasciata ai singoli paesi la scelta della dizione da adottare, ma deve essere indicato chiaramente che il prodotto in questione viene da un «insediamento».



L'etichettatura obbligatoria è stata già più volte criticata aspramente in Israele, ma a Bruxelles si fa notare che la Ue riconosce solo i confini del 1967 e le linee guida pubblicate nel 2013 e 'interpretatè con la norme adottate oggi non fanno altro che chiarire che «i consumatori devono avere una esplicita indicazione» sulla provenienza della merce.



«Questo passo solleva domande sul ruolo che la Ue aspira a giocare.
E può avere anche implicazioni sulle relazioni tra Israele e l'Europa». Lo ha detto il portavoce del ministero degli esteri israeliano Emanuel Nahshon.




Israele «condanna la decisione dell'Ue» e nessuna etichettatura «farà avanzare il processo di pace, al contrario potrebbero rafforzare il rifiuto dei palestinesi a tenere negoziati diretti con Israele». Lo ha detto il ministero degli esteri israeliano.



«Ci dispiace - ha aggiunto il portavoce del ministero degli esteri Emanuele Nahshon - che la Ue scelga di fare un passo discriminatorio ed eccezionale come questo in un momento in cui Israele si trova ad affrontare un'ondata di terrore diretta contro tutti i cittadini ovunque si trovino». Per il ministero il fatto che la Ue definisca «tecnico» il provvedimento varato oggi «è un'affermazione cinica e priva di fondamento».



Al contrario le norme varate «rafforzeranno gli elementi radicali che promuovono il boicottaggio contro Israele e negano il suo diritto all'esistenza». Secondo i media il ministero, dopo la mossa di Bruxelles, ha convocato l'ambasciatore Ue Lars Faaborg Andersen.
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