A Kiev Russia, Europa e Usa giocano
la partita planetaria sul futuro del gas

La mappa dei gasdotti che attraversano l'Ucraina
di Luca Lippera
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Sabato 8 Marzo 2014, 20:43 - Ultimo aggiornamento: 21:28
I morti e la sete di indipendenza dell'Ucraina, la Crimea in subbuglio, l’Armata Rossa che si muove verso il Mar Nero sarebbero soltanto l’aspetto esteriore – bench realissimo e sanguinoso - di una gigantesca partita economico-energetica che si sta giocando sotterraneamente sul palcoscenico di Kiev. Mosca, secondo molti osservatori internazionali, non si sarebbe mossa con tanta decisione sull'Ucraina se si trattasse semplicemente di difendere gli interessi delle migliaia di citadini di lingua e di origini russe che vivono nelle sterminate pianure del Paese a est della Germania, della Romania e della Moldova.



Diverse agenzie di stampa - rilanciate a più riprese in Francia, molto meno nel mondo anglosassone - ricordano da settimane che l’Ucraina possiede riserve di gas naturale stimate in circa 1,1 trilioni di metri cubi e che dai gasdotti ucraini passa l’ottanta per cento del metano che la Russia esporta nell’Europa occidentale. La caduta del governo di Viktor Yanukovich, non pregiudizialmente ostile al Cremlino, può implicare per Mosca una riduzione della sfera d’influenza sulla gestione del gas ucraino e dei suoi rubinetti energetici. Una cosa che per la Russia evidentemente non è nemmeno immaginabile. Non a caso il portavoce di Putin da giorni parla di “Guerra Fredda”, accusa l’Occidente – proprio così: c' di nuovo un Occidente – di giustificare “governi nati sulle baionette” ed evoca senza giri di parole il ruolo che gli Stati Uniti potrebbero aver avuto nell’accelerazione della sanguinosa protesta ucraina.



E’ difficile dire se le ipotesi che circolano al Cremlino siano sostenute da informazioni riservate o se siano invece una diversione propagandistica partorita dagli eredi dei raffinati comunicatori del Kgb sovietico. Quel che che è certo che la France Presse nei giorni scorsi – notizia scarsamente ripresa in Italia – non si è fatta sfuggire le dichiarazioni dell’ex capo della Cia, il generale David Petraeus, a suo tempo comandante delle truppe americane in Iraq e in Afghanistan, secondo il quale per risolvere “a lungo termine” la crisi in Ucraina gli Stati Uniti dovrebbero “aumentare la produzione di gas naturale ed essere disposti a esportarlo”.



Petraeus ha lanciato l’idea – certi uomini non lanciano idee a caso – parlando a una organizzazione culturale di Manhattan a New York. Il punto, fa notare riservatamente l'ambasciatore in Italia di un Paese confinante con l’Ucraina, è che il generale “non parlava del metano nel sottosuolo, di cui gli Usa non sono affatto ricchi, ma del cosiddetto shale gas”, estratto in modo crescente negli Usa (tra molte polemiche) attraverso il frazionamento molecolare di enormi quantità di rocce sotto la superficie della Terra. “Ora – fa notare il diplomatico – si parla di una esportazione di gas per soccorrere l’Ucraina e sottrarla al ricatto russo (Mosca ha minacciato Kiev di ridurre drasticamente le forniture, ndr) ma nulla vieta che domani quel gas, trasportato attraverso l’Atlantico, venga venduto in tutta Europa”.



Non è un mistero che il 13 per cento del metano necessario all’Italia arriva proprio dalla Russa dopo essere passato in uno dei tanti gasdotti che percorrono in lungo e in largo l’Ucraina. Idem vale – in proporzioni ancora maggiori – per la Germania. La quale Germania, forse, ha avuto la vista lunga. Oggi l’ex cancelliere Gerard Schroeder, su indicazione della Gazprom, il gigante russo dell’energia, è a capo del consorzio Nord Stream, incaricato di costruire un gasdotto tra la costa russa e quella tedesca del Mar Baltico che aggirerà del tutto il territorio ucraino.



Mosca oggi fornisce il gas all’Europa a un certo prezzo. Lo “shale gas” americano, nel lungo periodo, se le sterminate riserve di Kiev finissero completamente fuori dall’orbita del Cremlino, potrebbe arrivare a tariffe differenti. C’è chi si prepara, chi affila le armi, chi studia contromosse. L’Ucraina che si solleva, la Timoshenko che lascia il carcere, Mosca che impugna la bandiera dei russofoni – e il soccorso proposto dall’ex capo della Cia - potrebbero rivelarsi semplici coreografie in una partita di dimensioni planetarie.
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