Trump, strappo sugli immigrati: rispuntano i rimpatri

Trump, strappo sugli immigrati: rispuntano i rimpatri
di Flavio Pompetti
4 Minuti di Lettura
Sabato 12 Novembre 2016, 08:00

NEW YORK Sono come il sale e lo zucchero, l'inverno e l'estate, il diavolo e l'acqua calda. Come ci si può aspettare che Donald Trump e Barack Obama possano davvero rispettare la promessa che hanno fatto giovedì scorso di assicurare una transizione fluida tra le due amministrazioni? Il passaggio di consegne alla Casa Bianca è spesso traumatico, dietro la facciata di cortesia che la protegge dagli occhi indiscreti del pubblico. Quando il team di Bill Clinton si preparava a sgombrare gli uffici per l'arrivo di quello di George W. Bush, i funzionari rimossero con cura il tasto w da tutte le tastiere, in modo da garantire una confusione immediata tra le figure del padre e del figlio della casata presidenziale. Trump e Obama non hanno punti di contatto. Il vincitore delle elezioni americane ha condotto l'intera campagna con la promessa di cancellare tutto il malfatto del quale accusava il suo predecessore, e ha dato indicazioni precise sulle riforme e le decisioni che avrebbe cancellato al suo arrivo nello studio ovale.

LA PROMESSA
Tra i due c'è già una linea di trincea che emergerà nei primi giorni di esercizio del potere della nuova amministrazione. Il presidente eletto ha promesso che si siederà a firmare documenti che cancelleranno l'uno dopo l'altro tutti gli ordini esecutivi emessi da Obama, quando ha voluto aggirare l'opposizione congressuale e imporre la sua volontà rispetto al legislativo. Trump ha detto che lo farà fino a che non gli verranno crampi al polso. Ma piuttosto che la stanchezza, potrebbero essere le difficoltà di esecuzione a fermarlo.
Il primo soggetto che sarà chiamato ad affrontare è quello dell'immigrazione. La retorica di Trump è stata così roboante che non può permettersi il prossimo gennaio di evitare di agire. Avrà di fronte ad esempio gli ordini che hanno bloccato il rimpatrio degli immigrati clandestini, nel caso che interferiscano con il principio della riunione dei nuclei familiari. Il presidente eletto ha detto che andrà molto oltre: intende rimpatriare in massa le intere famiglie dei sans papier, un numero che nelle stime ufficiali oscilla tra i quattro e i sei milioni di persone. Per farlo avrà bisogno di molto più che semplici documenti: ci vorrà un esercito di funzionari da dedicare alla caccia e alle operazioni di rimpatrio, e soprattutto ci vorranno i fondi che il congresso dovrà allocare. Ma Trump non ha in Campidoglio un partito perfettamente allineato sulle sue proposte, e l'iter del programma potrebbe incepparsi ad ognuno dei tanti passi necessari per implementarlo.

LA RIFORMA SANITARIA
L'altro grande slogan della campagna è stato l'abolizione dell'Obamacare, la riforma sanitaria che negli ultimi sette anni ha esteso la copertura assicurativa a 20 milioni di americani privi di assistenza. Già nel corso della campagna Trump aveva modificato la sua posizione, con la promessa di rimpiazzare le garanzie attuali con altre di nuovo disegno. Dopo l'incontro di giovedì con il presidente in carica, ha detto che si sta orientando a portare degli emendamenti alla riforma, senza cancellarla. Non intende per esempio ripudiare le clausole che impediscono ad un'azienda assicuratrice di rifiutare copertura a chi è già affetto da una particolare malattia o disfunzione, come accadeva prima della riforma. Non vuole nemmeno rinunciare all'estensione delle polizze familiari ai figli fino al compimento del 26mo anno. Sulla politica estera, Trump ha fatto delle anticipazioni parlando con il Wall Street Journal. Sulla Siria non vuole cacciare il dittatore Bashar al Assad: la massima priorità è sconfiggere l'Isis. «Se state combattendo contro la Siria, e la Siria sta combattendo l'Isis - dichiara infatti - dovete sbarazzarvi dell'Isis». E non si deve contrastare la Russia in Siria. Da Putin, poi, dice di aver «ricevuto una lettera bellissima», e anticipa che presto si sentiranno al telefono, mentre tra i leader che non ha sentito c'è il presidente cinese Xi Jinping. Sulla rivale sconfitta, Hillary Clinton, e lo scandalo delle mail, Trump sostiene che l'inchiesta «non è una priorità».

PIENA AGITAZIONE
I palazzi del potere di Washington sono comunque in piena agitazione: si erano preparati ad una transizione tra due squadre democratiche con la possibile conferma di molte delle cariche di medio livello se non quelle di vertice. Ora invece si trovano di fronte alla reale possibilità di un ribaltamento totale, sia nel personale che nell'indirizzo politico. La segreteria di Stato sta già subendo la pressione delle maggiori cancellerie internazionali, che chiedono lumi sul nuovo corso dei rapporti che avranno con Washington. Il Messico teme la promessa di una cancellazione del patto di libero scambio Nafta che aveva firmato venti anni fa con i due partner: Bill Clinton e il canadese Brian Mulroney, e che ha permesso la creazione di nuovi poli industriali americani attraverso la frontiera. Per difendersi da un improvviso voltafaccia americano, Pena Nieto sta già aprendo contatti per nuovi negoziati con il Sud America, Cina, l'India e l'Europa.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA