Siria, così si muore nei lager di Assad: torture ed esecuzioni in carcere

Siria, così si muore nei lager di Assad: torture ed esecuzioni in carcere
di Cristiano Tinazzi
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Domenica 21 Agosto 2016, 09:58

ROMA In Siria non si muore solo per i combattimenti, i bombardamenti aerei indiscriminati, le armi chimiche, i cecchini, la fame. In Siria si muore anche in carcere, torturati e picchiati senza pietà. Il Network Siriano per i Diritti Umani ha documentato ad esempio, da marzo 2011 a oggi, l'arresto e la detenzione di 117mila persone da parte del regime di Assad. Per i sopravvissuti, come Shyar Khalil, la detenzione in un carcere del regime di Damasco equivale a «vivere in una fossa comune». È questa l'immagine che è stata usata dall'ex detenuto siriano, giornalista, mediattivista e studente all'università di Damasco, per descrivere la propria esperienza nel carcere militare di Saydnaya in Siria, trenta chilometri a nord della capitale, al canale all news in lingua francese France 24. Una delle migliaia di testimonianze di ex detenuti raccolte da Amnesty International, secondo la quale oltre 17.500 persone sono morte in carcere in Siria dal marzo del 2011.
 
IL RACCONTO DI KHALIL
Khalil nell'intervista ribadisce quanto raccontato all'organizzazione internazionale, che in un rapporto uscito da poco e intitolato Ti spezza l'umanità. Tortura, malattie e morte nelle prigioni della Siria, ha denunciato gli abusi e le torture commessi nelle carceri del regime siriano. «Ho parlato della violenza che ho subito personalmente, ma anche di quello che ho visto fare ad altri dice Khalil . Ho subito delle bruciature, ne ho ancora le cicatrici sulle mani. Sono anche stato costretto a restare seduto in uno spazio molto ristretto, il che era molto doloroso per la schiena. Ho visto altri prigionieri ai quali sono state rotte delle vertebre perché picchiati e che sono morti per questo».
La testimonianza di Khalil con migliaia di altre raccolte in questi anni, racconta dell'orrore indicibile che si vive in Siria. Una pratica questa, delle torture, delle sevizie e delle sparizioni in carcere, che dura da decenni, come testimoniato nel libro di Mostafa Khalifa La conchiglia. I miei anni nelle prigioni siriane.
Mustafa racconta l'orrore di tredici anni passati, quelli della sua giovinezza negli anni 80, in una cella del regime: venticinque metri da dividere con altre cento persone. Un libro che ben spiega la macchina repressiva degli Assad padre e poi figlio.
Le stesse sensazioni, ricordi e parole che riaffiorano nella testimonianza di Shyar Khalil, che paragona la sua permanenza in carcere al «vivere in una sorta di fossa comune. Ci sono molte esperienze estremamente difficili, estremamente violente. Ricordo l'odore del sangue, l'odore della pelle. Dal momento che non c'era la luce del sole, era sempre umido e le condizioni igieniche erano terribili, eravamo tutti il tempo stretti uno all'altro», racconta.

L'ALTRO DOSSIER
E a ulteriore supporto dei crimini commessi dal regime di Bashar al Assad contro la popolazione siriana c'è anche il dossier Cesar (a breve in mostra anche a Roma) un album fotografico dell'orrore raccolto da un disertore dell'esercito siriano, un fotografo militare che dal 2011 al 2013 era incaricato di documentare, attraverso fotografie, documenti e segni di riconoscimento, i corpi degli oppositori morti nei centri di detenzione di Damasco.

LE PROVE
Cesar riesce poi a uscire dal Paese portandosi dietro oltre 50mila fotografie che mostrano la morte di almeno 6.786 persone nelle carceri gestite dai servizi segreti siriani a Damasco e nell'ospedale militare 601 di Mezze. Human Rights Watch, organizzazione internazionale che si batte per il rispetto dei diritti umani, ha verificato le prove in possesso di Cesar e ha pubblicato nel 2015 un report intitolato Se i morti potessero parlare - Uccisioni e torture di massa nelle strutture di detenzione in Siria.
 
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