Dallo strapotere dei colossi web al dieselgate: che cosa c’è dietro il caso dei test umani

di Giorgio Ursicino
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Giovedì 1 Febbraio 2018, 00:03
Per il mondo dell’auto un polverone che proprio non ci voleva. Il dossier degli esperimenti effettuati addirittura su cavie umane ha spinto nel ciclone il meglio dell’industria tedesca con il gruppo Volkswagen particolarmente esposto alla tempesta mediatica in seguito al caso delle centraline alterate. Un caso venuto alla luce poco più di due anni fa. Ma il nuovo affaire che in qualche modo riguarda le emissioni dei veicoli è un sasso negli ingranaggi per l’intero settore, un comparto in fase di notevole espansione e che ha prospettive ancora migliori. L’automotive ha infatti imboccato la svolta della mobilità del futuro caratterizzata dalle emissioni zero e di una drastica riduzione delle vittime della strada grazie ai modelli elettrici e a guida autonoma, un cambio di marcia in grado di riscuotere consensi anche da chi recentemente era stato ostile nei confronti dell’auto (ambientalisti e amministratori locali). 

Nessuno ha smentito che certi esperimenti su esseri viventi siano stati effettuati. Ora che la nebbia si sta un po’ diradando, però, emergono segnali evidenti che questa volta potrebbe trattarsi veramente di una tempesta in un bicchier d’acqua e che i presunti colpevoli di azioni scellerate (i costruttori) c’entrino poco o nulla. Questo a differenza di quanto accaduto negli anni scorsi quando, su pressione delle case automobilistiche stesse, l’Europa aveva formulato procedure di omologazione troppo blande e in diversi punti poco chiare che hanno contribuito a creare numerosi problemi alcuni dei quali ancora irrisolti. 

Di là di sospette coincidenze che magari saranno assolutamente casuali (tempistica con cui sono uscite le notizie, attriti Germania-Usa per i dazi doganali) sulla “scena del crimine” ci sono degli indizi abbastanza evidenti. Anzitutto c’è da capire se quei test siano leciti o meno, se sono in linea con quanto eticamente ammissibile e con quello che quotidianamente avviene nei laboratori di mezzo mondo (quello più “civile”) dove soprattutto il settore farmaceutico porta avanti la ricerca indispensabile per il progresso e per combattere le malattie utilizzando negli esperimenti (che in ogni caso non dovrebbero essere pericolosi) animali e persone consenzienti. 

Se le pratiche fossero veramente intollerabili, tali da far gridare allo scandalo, andrebbero valutate le responsabilità di mandanti ed esecutori. Dei primi non c’è certezza (sono stati i costruttori?), i secondi sono noti a tutti e nessuno li ha accusati forse proprio perché di così sconvolgente non c’è nulla. Chi ha effettuato quei test non lo ha mai smentito, sono entità di elevato profilo scientifico e fanno parte di quei due Paesi (Washington e Berlino) che guidano il mondo.

Sia il “Lovelace Respiratory Research Institute” di Albuquerque, che ha messo 10 scimmiette giavanesi davanti alla tv facendogli respirare veleni, sia la clinica universitaria di Aquisgrana, che ha invece visitato i 25 volontari dopo un trattamento al biossido di azoto, sono strutture di eccellenza guidate e gestite da ricercatori e scienziati. Se gli fossero state fatte richieste inaccettabili da parte della Eugt (l’associazione tedesca di cui facevano parte i costruttori, ma guidata da esponenti della comunità scientifica al di sopra di ogni sospetto) non c’è motivo alcuno per cui le avrebbero dovute accogliere. 

E se ciò fosse mai avvenuto i primi ad essere indignati dovrebbero essere il presidente Trump e la cancelliera Merkel che invece sono rimasti in silenzio. La cancelliera tedesca si è in realtà scagliata contro i costruttori, ma forse è un “atto dovuto” per poi cercare di difendere uno dei settori fondamentali dell’economia del suo Paese. È evidente che le scimmie nel deserto del New Messico non le hanno portate dalla Germania e ciò conferma l’impressione che i protocolli non erano affatto deliranti e che si trattava di pratiche abitualmente utilizzate. 
A conferma che qualcosa è andato fuori binario c’è la pubblicazione il 7 maggio 2016 sul periodico International Archives Occupational and Enviromental Health dei risultati della ricerca effettuata ad Aquisgrana e la sorpresa dell’anziano scienziato (81 anni) che presiedeva il comitato scientifico della Eugt che ha commissionato i test. Helmut Greim si è stupito del fragore causato da una cosa che lui aveva candidamente raccontato l’8 settembre 2016 alla Commissione parlamentare che indagava sul caso emissioni dei motori diesel, cioè che erano stati effettuati esperimenti proprio sugli animali. 

È invece tutto da provare il fatto che i costruttori siano i mandanti. Dopo la sospensione di un top manager Volkswagen, anche Daimler ha comunicato di voler fare a meno di chi la rappresentava nella Eugt, ma non sarà facile provare che i prestigiosi vertici di quella associazione facessero quello che gli chiedevano i costruttori di auto per incrementare il loro business.
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