La Ue blocca negoziato con la Svizzera sull'elettricità: «Libera circolazione di persone e di capitali sono inseparabili»

La Ue blocca negoziato con la Svizzera sull'elettricità: «Libera circolazione di persone e di capitali sono inseparabili»
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Martedì 11 Febbraio 2014, 15:58 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 23:36

L'Unione europea non prevede di proseguire il negoziato con la Svizzera sull'elettricit alla luce della nuova situazione che si venuta a creare dopo il voto sul referendum sulla libera di circolazione che una potenziale violazione degli accordi. Lo ha detto la portavoce dell'esecutivo europeo Pia Ahrenkilde.

«Alla luce della situazione attuale nessun negoziato tecnico è previsto al momento» tra Unione europea e Svizzera nella trattativa sull'elettricità, ha detto la portavoce, spiegando che questo avviene «perchè il modo di procedere deve essere analizzato alla luce del contesto più ampio» delle relazioni tra Ue e Svizzera. Ahrenkilde ha aggiunto che l'accordo sull'elettricità «è logicamente legato a questioni istituzionali orizzontali».

«Non è possibile accettare una divisione fra la libera circolazione delle persone dalla libera circolazione dei capitali». Questa la posizione del Consiglio Ue, emersa dalla riunione del Consiglio Ue Affari generali e letta dal presidente di turno, il greco Evangelos Venizelos, dopo l'esito del referendum per introdurre delle quote ai lavoratori stranieri in Svizzera. Il Consiglio europeo «rispetta la decisione espressa dal referendum della Svizzera, ma si aspetta che la Svizzera onori i suoi obblighi internazionali che derivano dai trattati con l'Unione europea nel quadro del diritto pubblico internazionale. Le libertà fondamentali sono una parte fondante delle relazioni fra Ue e Svizzera».

La reazione del ministro degli Esteri elvetico «Non è la fine del mondo, anche se la situazione è oggettivamente difficile». Così si è espresso oggi il presidente svizzero e ministro degli Esteri, Didier Burkhalter, al termine di un incontro con la commissione di politica estera del Consiglio Nazionale, la camera bassa del parlamento elvetico, durante il quale si è parlato delle conseguenze della vittoria del «sì» al referendum che impone un tetto all'immigrazione.

L'incontro è servito a passare in rassegna le nostre relazioni con l'Unione europea e discutere delle possibili conseguenze del voto sulla base di alcuni scenari futuri, ha spiegato Burkhalter. Frattanto, ha sottolineato, sono in corso contatti informali a livello diplomatico per spiegare l'esito della consultazione ai nostri partner europei (lo stesso Burkhalter volerà a Berlino nei prossimi giorni n.d.r). Tali contatti ci consentiranno di definire meglio se esistono margini di manovra per negoziati futuri, ha affermato il ministro, e quindi di affinare meglio la nostra strategia.

La discussione ha permesso di enucleare tre punti principali di azione. «In primo luogo - ha dichiarato Burkhalter - si tratta di elaborare una legislazione di applicazione dell'iniziativa, valida subito, cui dovrà occuparsi il Dipartimento federale di giustizia e polizia. Per farlo abbiamo tempo tre anni, ha spiegato Burkhalter. Il secondo aspetto affrontato in commissione riguarda il mantenimento o meno della libera circolazione con l'Ue, anche in vista del voto sull'estensione di questo accordo alla Croazia. Sono state esaminate le possibili conseguenze di una disdetta da parte dell'Ue - ma anche elvetica - di questo accordo, ha dichiarato il presidente della Confederazione, con tutto ciò che ciò comporterà in settori quali le assicurazioni sociali o il riconoscimento dei diplomi. Non va dimenticata, ha aggiunto, la clausola ghigliottina che lega tutti gli accordi bilaterali I. Le relazioni tra la Svizzera e l'Ue sono stati il terzo argomento di riflessione. Didier Burkhalter - facendo anche riferimento alle reazioni alquanto stizzite di molti ministri europei - non ha nascosto che la Svizzera si trova davanti a una grande sfida, come dimostrano i primi collegamenti fatti da Bruxelles tra il voto di domenica e alcuni negoziati in corso, come quello sulle questioni istituzionali o la ricerca.

Anche in Norvegia e in Austria Il Partito del Progresso, una delle due formazioni che compongono il governo di destra della Norvegia, ha chiesto ufficialmente la tenuta di un referendum analogo alla consultazione che in Svizzera ha visto prevalere i favorevoli ad una restrizione dei flussi. Il portavoce per l'immigrazione della formazione populista guidata da Siv Jensen, Mazyar Keshvari, ha rivelato al giornale Vg di essere favorevole ad una consultazione in stile elvetico anche se, ha precisato, «il partito non ha ancora una posizione precisa sulle quote....ciò di cui sono sicuro però - ha aggiunto - è che una buona metà dei norvegesi è certamente favorevole ad una restrizione dei flussi migratori».

Cavallo di battaglia dei populisti norvegesi, la lotta all'immigrazione è stato uno dei temi più discussi delle ultime elezioni politiche che in autunno hanno scalzato i socialdemocratici di Jens Stoltenberg - al potere da quasi un decennio - per instaurare un governo di destra populista. La Norvegia non è membro Ue, ma è legata al resto del continente da accordi derivanti dalla sua appartenenza allo Spazio economico europeo e al trattato di Schengen: in questo senso l'eventuale tenuta di un referendum restrittivo sull'immigrazione non presenterebbe problemi concreti per il resto dell'Europa, ma darebbe un pessimo segnale alle altre formazioni che ieri hanno esultato per il risultato del voto svizzero. Uno squillo di tromba in seno al grande Nord scandinavo che a valanga potrebbe portare sulla stessa posizione anche altri paesi in cui l'insofferenza per le dimensioni del flusso migratorio sta raggiungendo livelli di guardia.

L'estrema destra austriaca invoca, sull'esempio svizzero, un referendum anti-immigrazione anche per l'Austria. «Sarebbe ragionevole fare un referendum come quello in Svizzera», ha detto Heinz-Christian Strache, capo del partito Fpoe in un'intervista sul tabloid «Oesterreich». Preoccupato dell'esito della consultazione svizzera è invece il neoministro degli Esteri, Sebastian Kurz (Oevp, popolari), convinto che il referendum «sollevi problemi» e che per i 40.000 austriaci che lavorano in Svizzera «non è positivo».

Il leader del Fpoe Strache si è detto convinto che il risultato in Austria sarebbe «simile» a quello che si è registrato in Svizzera. «Lo scopo - ha continuato - è evitare una immigrazione di massa dei cittadini extraeuropei». Chiedendo all'Ue di non sanzionare la Svizzera, Strache ha sostenuto che per i paesi europei sarebbe importante poter contare su dei «periodi di transazione», perchè solo gli Stati «sanno se hanno capacità di accogliere immigrati nel mercato di lavoro oppure no».

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