Spose bambine nei centri d'accoglienza di Svezia, Norvegia e Danimarca: alcune indagini accusano le autorità scandinave di complicità e omissioni

Spose bambine nei centri d'accoglienza di Svezia, Norvegia e Danimarca: alcune indagini accusano le autorità scandinave di complicità e omissioni
di Antonio Bonanata
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Venerdì 22 Aprile 2016, 17:08 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 13:16
Il dramma dei rifugiati si porta con sé questioni dove l’etica e il diritto sono strettamente connessi: una di queste è il tema delle spose bambine, consegnate in tenerissima età a mariti che spesso hanno solo qualche anno più di loro. Dietro tradizioni culturali dure a morire si cela il rischio di abusi, sfruttamento, violazione dei diritti umani. Ciò che è ancora più grave, però, riguarda l’atteggiamento delle autorità nei paesi accoglienti, che si teme possano aver chiuso un occhio di fronte a situazioni così delicate pur di non intaccare usi e costumi consolidati, per non separare le giovanissime coppie e provocare ulteriori traumi. E c’è chi critica la condotta dei responsabili dell’accoglienza, accusandoli palesemente di complicità in abusi sessuali su minori.

È quanto emerge da una serie di indagini che hanno interessato varie strutture nei paesi scandinavi, dove dallo scorso anno sono stati accolti 31mila richiedenti asilo. La questione delle spose bambine riguarda soprattutto le comunità di afghani e siriani, con questi ultimi ad ingrossare in maggior numero le fila dei rifugiati. Basta dare un’occhiata alle età per rendersi conto dell’entità del dramma: secondo il Consiglio norvegese per l’immigrazione, sul totale dei migranti presenti nei centri di accoglienza scandinavi, ci sarebbero dieci giovani spose con meno di 16 anni e quattro di esse avrebbero partorito. In Norvegia l’età minima per poter avere rapporti sessuali e sposarsi è proprio 16 anni; stando a questo dato, quindi, si sarebbe di fronte a palesi violazioni di legge.

Tra le giovani spose, continua il Consiglio, alcune alloggiano in strutture assieme agli adulti, altre si trovano in ambienti separati e ad altre ancora sono stati forniti degli spazi in cui vivere con i propri mariti. Heidi Vibeke Pedersen, dirigente del Consiglio per l’immigrazione, spiega perché è difficile separare una sposa bambina dal marito: «Le minori richiedenti asilo si trovano in una tragica situazione per aver lasciato il proprio paese, la famiglia e gli amici, e il compagno con cui hanno affrontato il viaggio per arrivare sino a qui è spesso l’unica persona su cui possano fare affidamento in Norvegia».

Ma qualcosa sta già cambiando: si parla infatti di interventi sulla normativa che regola l’accoglienza, finalizzati a separare tutte le coppie minorenni in arrivo nei vari centri; si prospetta anche una revisione dei casi risalenti al 2015. Ogni sposa bambina di età inferiore ai 18 anni dovrà essere sistemata in strutture speciali. «Non è accettabile farle stare con i propri mariti in centri che si spacciano per istituti per adulti» tuona Camilla Kayed, membro del Difensore civico per i bambini della Norvegia (un comitato ufficiale che si batte per i diritti dei minori), aggiungendo con rammarico che a livello europeo non ci sono regole chiare che consentano la separazione dai consorti. Per di più, Oslo non ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa che fornisce un quadro completo dei modi per prevenire sfruttamento sessuale e abusi di vario genere.

La questione riguarda anche altre realtà della regione scandinava: lo scorso febbraio Inger Stojberg, ministra danese per l’integrazione, ha dichiarato di non voler più ospitare spose bambine nei centri d’accoglienza del paese, dopo che un’indagine aveva scoperto dozzine di casi di ragazzine che vivevano nelle strutture con uomini più grandi. Sarah Andersen, portavoce del ministero per l’integrazione, ha chiarito che alle coppie minorenni non sarà consentito vivere more uxorio al di fuori di “casi eccezionali”, precisando però che non saranno mai previste eccezioni per le situazioni in cui uno dei due componenti abbia meno di 15 anni. È questa l’età minima, infatti, per poter avere rapporti sessuali consenzienti in Danimarca, oltre che per ottenere permessi speciali per sposarsi. Copenaghen ha dato accoglienza a ben 20mila rifugiati nel corso del 2015.

La Svezia non è da meno: qui a gennaio, dopo un’inchiesta della radio, le autorità locali hanno parlato di almeno 70 minorenni sposate nei centri d’asilo presenti in diverse comunità, comprese Stoccolma e Malmö. Il Difensore civico per i bambini Fredrik Malmberg ha commentato sul suo blog: «Tutto questo è spaventoso. Sappiamo bene che i bambini in fuga sono molto esposti sia al traffico di essere umani sia a diventare prede di matrimoni forzati». Plan è un’organizzazione non governativa che assiste i minori nelle nazioni in via di sviluppo e parla di circa 15 milioni di matrimoni all’anno contratti da minorenni, unioni che però i paesi di provenienza non dovrebbero approvare. Kjell Erik Oie, a capo di Plan Norvegia, ha chiarito che «se una ragazza ha meno di 16 anni, l’età minima per permettere un rapporto sessuale nel nostro paese, dovrebbe essere separata dal proprio consorte anche in presenza di figli e anche se la coppia dichiara di voler restare insieme».
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