Il Psoe, da 33 anni al governo della regione più popolata del paese, resiste al terremoto politico, ma porta a casa una vittoria senza maggioranza. Con oltre l'80% dei voti scrutinati, ottiene il 36,8% dei voti e una cinquantina di seggi (la maggioranza assoluta è a quota 56), rispetto al 39,5% del 2012 quando, pur essendo il secondo partito, ha governato in coalizione con Izquierda Unida (IU). Un risultato che obbliga la 40enne leader Susana Diaz a cercare alleanze puntuali o durature, che potrebbero riproporsi nel resto del paese.
Confermato il tracollo del Partido Popular, tre anni fa il partito più votato, con il 40,6% dei voti, scivolato ora al 25,5% (da 50 a 32 seggi), in una Camera andalusa molto più frammentata, con l'irruzione delle due nuove forze politiche. È un exploit quello degli indignados di Podemos, un anno dopo la fondazione, che all'esordio sulla scena nazionale conquistano il 14,9%, con 15 seggi. Va detto, però che a rovinare la festa a sorpresa il leader del partito, Pablo Iglesias, proprio ieri sera ha annunciato sul web la separazione dalla sua compagna.
Il partito centrista Ciudadanos, nato dieci anni fa in chiave unionista in Catalogna e per la prima volta in campo sul territorio nazionale, si attesta come quarta forzacon l'8% dei voti (8 seggi), scalzando Izquierda Unida, che si ferma al 6%. Indignati di sinistra e di destra hanno demolito la tradizionale alternanza bipartitica fra Psoe e PP, che ha governato in Spagna dall'inizio della democrazia, Se 3 anni fa, i due partiti sommavano l'80% dei voti, oggi non arrivano al 60%.
IL CAMBIAMENTO
Le due nuove forze politiche, Podemos e Ciudadanos, sono arrivate per dire che la politica spagnola cambia. Anzi, che il cambio è già cominciato. In mezzo, tre anni di recessione, l'abdicazione di Juan Carlos, una successione senza fine di scandali di corruzione e il malessere sociale che non cessa, nonostante la ripresa economica e della crescita del Pil, vantata dal governo conservatore di Mariano Rajoy.
Come per Siryza in Grecia, anche in Andalusia il tasso record del 34% di disoccupati, con punte del 60%, fra i giovani, e la mancanza di prospettive di lavoro, non perdonano. Tre anni fa l'Andalusia disse no all'egemonia della destra. Oggi «è la prima stazione della via Crucis spagnola» per i vecchi partiti, come osserva Eric Juliana, direttore aggiunto de La Vanguardia. E il cambio «dal basso», come assicura Podemos, «è già irreversibile».
Rigenerazione politica contro la casta. Una carambola non facile per Susana Diaz, che con l'anticipo delle elezioni ha voluto giocare in contropiede contro Podemos e prevenire il declino del Psoe. È la prima presidentessa che sfida gli indignados e vince. Ma la sua è una vittoria a metà, dato che potrebbe governare in minoranza solo se il PP, Podemos o Ciudadanos assieme a IU decidono di astenersi alla votazione nella Camera. Bisognerà ora vedere se manterrà l'impegno di non scendere a patti né con il PP né con Podemos.
Potrebbe essere vista come l'autentica leader del Psoe soprattutto se il leader nazionale Pedro Sanchez non otterrà buoni risultati nelle elezioni locali del 24 maggio. L'Andalusia, la Florida spagnola, saccheggiata e sovvenzionata, la regione dei falsi sussidi di cassa integrazione, che nonostante gli 80 miliardi di aiuti ricevute dalla Ue, non riesce a intravedere un modello di sviluppo, ha votato per il cambio. Ed è solo l'inizio.