Sarajevo ritrova il sorriso per una notte: in 50mila in strada per il trionfo della nazionale under 16 agli Europei di basket Video

Sarajevo ritrova il sorriso per una notte: in 50mila in strada per il trionfo della nazionale under 16 agli Europei di basket Video
di Paolo Ricci Bitti
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Martedì 18 Agosto 2015, 14:35 - Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 12:24
Da ormai una generazione non ci sono troppi motivi per fare festa a Sarajevo, soprattutto fra i giovani superstiti non ancora emigrati, e così è ancora più contagioso l'entusiasmo che ha portato in strada a folleggiare almeno 50mila dei 600mila abitanti per il trionfo della nazionale under 16 della Bosnia-Erzegovina agli Europei di basket. Sì, under 16: molto alti, ma sempre ragazzi. Tra l'altro possiamo fare facilmente il confronto con quanto (non) è accaduto in Italia proprio in questi giorni per celebrare il meraviglioso e ancor più luccicante successo della nazionale under 18 femminile ai Mondiali a Lima. Beh, tutta un'altra musica.













Invece il cuore della capitale bosniaca, dalla main street Titova alle casupole da fiaba della Barshasha ha ospitato festeggiamenti durati tutta la notte quando sul pullman scoperto sono arrivati, emozionati più di tutti per quella folle allegria, i ragazzini eroi di Kaunas, capaci di battere, dopo la Spagna, anche gli arcifavoriti lituani padroni di casa. E sempre dopo tempi supplementari da sincope, con tutta la Bosnia a trepidare cavandosi gli occhi su pc e telefonini per le dirette in streaming. Per la finale il paese si è fermato, sì, per quei ragazzi.



Nazionalismo non solo in chiave sportiva? Senza dubbio, ma magari ce ne fossero altri di questi momenti per distrarre almeno per un po' dal presente cupo e senza orizzonte i sarajeviti, che del grande basket e dei suoi fenomenali assi sono stati sempre innamorati, come quando il KK Bosna di Bosha Tanjevic dettava legge in Europa alla fine degli anni Settanta.



Durante l'assedio più lungo e vigliacco della Storia, i cittadini-prigionieri, che avevano bruciato i parquet delle palestre perché bisognava pur sopravvivere, finivano spesso con il fare domande sul basket quando si trovavano di fronte un italiano, tanti erano i legami che univano le due sponde dell'Adriatico anche in questo ambito.



Chissà se faranno carriera, sotto canestro e nella vita, questi ragazzini classe 1999 che della guerra hanno solo sentito parlare ma che di sicuro saranno stati portati per mano sulla tomba di un parente a Sarajevo, Goradze, Banja Luka, Kotor, Bihac, Pale e Tuzla. Nomi che per i loro fratelli maggiori e i loro genitori - e per resto del mondo sempre troppo indifferente - riportano a eccidi, pulizia etnica, stupri sistematici impossibili da dimenticare. La stessa entità statale tripartita , Bosnia-Erzegovina, architettata grossolanamente per incorniciare una pace sofferta, è difficile da mandare giù ogni giorno in città dilaniate venti anni fa dalle bombe e adesso da una crisi di speranza prima ancora che economica e politica. A meno che una banda di ragazzini con le maglie blu e gialle non riesca per una notte a darle un po' di respiro, a quella speranza chiamando tutti in strada.



Ecco i loro nomi perché meritano di essere scritti e poi perché è certo che qualcuno di loro, prima o poi, farà canestro anche in Italia: NIkola Dakovic, Adi Alikadic, Lazar Mutic, Aljiosa Jancovic, Amar Barukcija, Srdan Kocic, Njegos Sikiras, Emir Cerkezovic, Sani Kampara, Dzanam Nusa, Timur Ovcina, Vedran Mirkovic, allenati da Josip Pandza, ed Enam Numanovic. Già il loro suono riporta ad etnie e località di tutta l'ex Jugoslavia, di nuovo insieme senza rancori e confini.
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