La strategia del governo italiano: ora mediare tra Russia e Obama

La strategia del governo italiano: ora mediare tra Russia e Obama
di Marco Ventura
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Giovedì 11 Giugno 2015, 05:48 - Ultimo aggiornamento: 08:27
ROMA - L'Italia tra l'incudine e il martello. Da un lato gli Stati Uniti, alleati storici e amici strettissimi. Dall'altro la Russia di Putin, che il viceministro degli Esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli, definisce legata all'Italia da un «rapporto solido e antico sul piano politico ed economico, un fatto noto, come lo è che l'Italia ha cercato in quest'ultimo anno, dentro la compagine europea, un punto di intelligenza politica». Ovvero di tenere aperto il dialogo, di non isolare Mosca, di esaltare la necessità d'averla dalla nostra parte, fra l'altro, nella guerra all'Isis. «Non ci nascondiamo che la Russia ha compiuto azioni illegittime che vanno condannate e sanzionate, ma la politica delle sanzioni non può essere fine a se stessa». Sanzionare per sanzionare. Perché la Russia è «un player decisivo e rilevante in molte altre questioni decisive e internazionali che interpellano noi e gli Stati Uniti e non consentono una lettura binaria tipo bianco nero, buoni cattivi».

L'OBIETTIVO

Insomma, la condanna di un certo comportamento russo in una certa crisi, quella ucraina, «non può comportare la scomunica dell'interlocutore». Nessun anatema, dice il viceministro mentre Putin si trova a due passi, in Vaticano. Pistelli partecipa alla presentazione di “USA 2016”, sezione del portale di “Formiche.net” dedicata alle prossime elezioni americane. Accanto a lui c'è un “americano a Roma”, il portavoce dell'Ambasciata Usa Jeffrey Galvin, politologo originario del Colorado, che non vede alcun paradosso o contraddizione tra il pressing su Mosca, per far cessare il sostegno ai ribelli filo-russi contro Kiev, e l'imperativo di coordinare una difesa comune contro l'espansione globale del Califfato. «Sarebbe un errore confondere questi due aspetti», ammonisce Galvin (e Pistelli annuisce). «Bisogna lavorare per includere la Russia nella lotta al finanziamento del terrore e al crimine internazionale. Russia e Stati Uniti hanno interessi condivisi, per esempio stiamo preparando insieme una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che consenta di lavorare per la stabilizzazione della Libia». Ciò non toglie che Putin debba «smettere di rifornire i separatisti e osservare tutti gli impegni assunti con l'accordo Minsk2».



L'Europa nel complesso supporta Obama, la Russia non è più «partner strategico» della UE. E Putin è escluso dal G7. Ma non è forse un problema che l'America sia ai ferri corti con Putin e al tempo stesso, nel recente vertice di Parigi della coalizione anti-Isis, abbia dato quasi l'impressione di non voler vincere la guerra? «Dicono che quella di Obama sia una legacy, un'eredità, modesta. Invece no», assicura Pistelli. «È una legacy di grande interesse, per esempio ha sdoganato tre paesi come l'ex Birmania, Cuba e l'Iran, il punto è che Obama crede che Paesi arabi e Europa debbano assumersi le loro responsabilità», quelle di cui prima si caricavano gli Stati Uniti. Giusto? Sbagliato?



La retorica molto dura del presidente Obama sulla Russia non toglie che Mosca sia per lui un interlocutore strategico, come provano le dieci ore di colloquio a Sochi tra il segretario di Stato Kerry e l'omologo russo Lavrov.



LE POSIZIONI

Il rischio è che il disimpegno americano e la fragilità europea, evidente quest'ultima nel rinvio delle decisioni sulle quote di migranti da redistribuire tra i 28, acuiscano problemi che toccano direttamente l'Italia, come la perdita di 4 miliardi di euro l'anno per le sanzioni alla Russia o il boom dei nuovi arrivi nel Mediterraneo. Pistelli è morbido con la Russia, e assolve Obama dall'accusa di inconsistenza come leader della superpotenza a stelle e strisce. «In questi otto anni ha esercitato un potere razionale, lasciando all'Europa e all'Italia di entrare nell'età adulta». Il concetto è “leading from behind”. Guidare nell'ombra. Ma anche amici degli americani come il presidente della commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, incalzano gli Usa a riprendersi gli spazi, perché quel vuoto non fa bene agli equilibri mondiali né a noi. E per tornare alle elezioni presidenziali, lascia perplessi secondo Pistelli la riproposizione di uno schema dinastico: un altro Bush, Jeff, contro un'altra Clinton, Hillary. Ma l'America è sempre l'America e la Russia è sempre la Russia.