«Mi sono dimesso nell'interesse del Libano perché ho visto che molti sviluppi in atto nella regione stavano nuocendo al mio Paese - ha dichiarato testualmente Hariri in tv -. Tornerò molto presto per rassegnare le mie dimissioni seguendo il percorso costituzionale». E in merito alle speculazioni sul fatto che fosse trattenuto a Riad contro la sua volontà (agli arresti domiciliari, secondo alcune fonti), il premier libanese ha affermato: «Ho completa libertà in Arabia Saudita» e le mie dimissioni sono state «una mia decisione» per «provocare uno shock positivo» in Libano. Sulla situazione politica regionale non ha detto molto, ma ha affermato che «l'ingerenza dell'Iran è un peso per i libanesi», mentre su Hezbollah, il partito sciita filo-iraniano nella coalizione di governo in Libano, ha tenuto a precisare: «Io non sono contro Hezbollah in quanto partito politico, sono contrario al fatto che Hezbollah giochi un ruolo esterno che possa mettere in pericolo il Libano».
Sulle minacce nei suoi confronti, Saad Hariri ha però rivolto altrove l'attenzione. «È vero che sono minacciato - ha detto -.
Il regime siriano non mi vuole. Ero contro al-Nusra, contro l'Isis e contro al-Qaida, ci sono molti gruppi che non mi vogliono. Perciò io volevo creare una rete di salvaguardia ed essere certo che non fosse infiltrata». Il padre di Saad, Rafik Hariri è stato ucciso da un'autobomba a Beirut nel 2005 e la famiglia Hariri vive a Riad. Stamane migliaia di partecipanti alla maratona che ogni anno si tiene a Beirut e alla quale Saad aderiva regolarmente, avevano colto l'occasione per chiedere con forza al premier di tornare in Libano. «Corriamo per te» e «Ti aspettiamo» erano alcuni tra gli striscioni innalzati in mezzo a una marea umana, stimata in circa 47.000 persone, che ha corso lungo i 42 chilometri del percorso.
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