Regno Unito, una persona su dieci ha tracce di droga sulle dita

Regno Unito, una persona su dieci ha tracce di droga sulle dita
di Paolo Travisi
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Martedì 27 Marzo 2018, 17:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 15:18
Una persona su dieci può avere tracce di droga sulle dita senza averla mai usata. La scoperta proviene dai laboratori dell'Università del Surrey, Inghilterra, dove un gruppo di ricercatori è riuscito a distinguere l'assuntore di stupefacenti da chi entra in contatto con cocaina, eroina ed altre droghe di classe A, per contaminazione ambientale. Secondo lo studio condotto su un campione di 50 persone non tossicodipendenti, il 13% dei volontari presenta tracce di stupefacenti (per lo più cocaina) sulle impronte digitali. Una percentuale molto alta, che indica il livello di diffusione delle droghe nel Regno Unito, ma soprattutto quanto siano contaminanti le sostanze contenute negli stupefacenti, che si trasmettono tramite le banconote, sui passamano di metro e autobus o con una semplice stretta di mano.

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Come distinguere allora un abituale consumatore di droga da uno che non ne ha mai fatto usa in vita sua? Ed è su questa domanda che si sono concentrati i test dei ricercatori inglesi, che hanno sviluppato una specifica analisi chimica, la spettrometria di massa, in grado di rilevare questa sostanziale differenza. Fondamentale se applicata in ambito forense, quando l'uso di droghe può determinare un aggravante nella commissione di un reato.

Gli scienziati hanno prelevato campioni di pelle dalle dita di 15 persone che avevano assunto sostanze nelle 24 ore precedenti e li hanno confrontati con quelli dei 50 non assuntori, che avevano scambiato una stretta di mano con il primo gruppo, senza lavarsi le mani. Ed ecco che ritorna la percentuale del 13%. Un accurato lavaggio delle mani e la percentuale dei non utilizzatori si azzera, mentre viene rivelata con estrema precisione quella dei tossicodipendenti. Le sostanze contenute nelle droghe infatti, subiscono da parte dell'organismo un processo di metabolizzazione che permane sulle impronti digitali e che si diffonde attraverso il sudore. Basta un semplice contatto per mettere in atto, quello che i ricercatori dell'Università del Surrey, hanno definito “trasferimento secondario”.

 
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