Regeni, le verità nascoste del Cairo: «Ucciso per una vendetta privata». L'ira dell'Italia: «Fare luce subito»

Regeni, le verità nascoste del Cairo: «Ucciso per una vendetta privata». L'ira dell'Italia: «Fare luce subito»
di Cristiana Mangani
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Giovedì 25 Febbraio 2016, 09:50 - Ultimo aggiornamento: 18:13

Dopo l'incidente stradale, l'omicidio a sfondo omosessuale, l'atto criminale, l'uccisione per mano di spie dei Fratelli Musulmani compiuto per creare imbarazzo al governo di Al Sisi, la nuova pista passa per la droga e la vendetta personale. Cinque presunte “svolte” in un mese che rendono gli investigatori egiziani degli incapaci, oppure detective molto fantasiosi. L'ultima “soluzione” riguardo al delitto di Giulio Regeni sembra voler puntare alla sua vita privata, tanto che già si vocifera dell'arresto imminente di uno spacciatore che bazzicava nel quartiere di al Dokki, dove l'italiano viveva.

La nuova ricostruzione fornita con dichiarazioni ufficiali da parte del ministero dell'Interno del Cairo ha avuto l'effetto di mandare su tutte le furie il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e i parenti del ricercatore friulano: «Voglio essere chiaro ancora una volta - ha dichiarato - non ci accontenteremo di verità di comodo, tantomeno di piste improbabili come quelle che ho sentito evocare dal Cairo. Su questa vicenda l'Italia semplicemente chiede a un paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli». Dopo di lui è intervenuta la famiglia del giovane ucciso: «Non accettiamo alcun tentativo di infangare la memoria di Giulio. Faremo tutto quanto nelle nostre possibilità per giungere al pieno accertamento della verità e reagiremo ai tentativi di depistaggio da dovunque provengano».

LE INDAGINI
Sono state le dichiarazioni del ministero dell'Interno egiziano, rese note nella mattinata di ieri, ad aggravare rapporti già difficili. «Malgrado il costante lavoro del team investigativo e malgrado questo non sia finora riuscito ad individuare il colpevole o il movente - ha specificato la nota ufficiale - i dati e le informazioni disponibili portano a tutte le piste, compresa quella criminale o quella della vendetta per motivi personali. Tanto più che l'italiano aveva goduto di molte relazioni nei dintorni della sua abitazione e per quanto riguarda la sua attività di ricerca universitaria». Il giorno prima il quotidiano Al Masri Al Yuom aveva aperto la strada a questa ricostruzione, sostenendo che la vita di Regeni era «piena di ambiguità», senza ovviamente spiegare su quali basi poggiasse la tesi. Così la nota del ministero ha rilanciato con facilità parlando di relazioni del ricercatore «vaste e molteplici», «molte nei dintorni della sua abitazione». Quasi a voler avanzare l'ipotesi che potesse essere stato ucciso da qualcuno della ristretta cerchia di amici.

IL PRESIDENTE
Se non bastasse, sulla vicenda è intervenuto anche lo stesso presidente Abdel Fattah Al Sisi, che ieri ha insistito: «Chi ha ucciso il giovane italiano puntava a colpire le relazioni tra l'Egitto e l'Italia». E allora chi ha ragione? Il capo del Governo o il ministero dell'Interno che sembra più orientato a parlare di una vendetta personale? La verità sembra molto lontana. Così come «la stretta collaborazione fra gli apparati di sicurezza egiziani e il team investigativo italiano presente sul territorio dal 5 febbraio scorso per seguire le indagini», che il ministero del Cairo va sbandierando. Tanto che l'Italia ha già deciso che aspetterà ancora fino alla fine della prossima settimana e poi farà rientrare la squadra del Ros, dello Sco e dell'Interpol. Visto che, al momento, nulla di quanto richiesto con una rogatoria ufficiale inviata per via consolare più di una settimana, fa ci è stato consegnato.

PIÙ COOPERAZIONE
A tale proposito ha aggiunto Gentiloni che «la cooperazione con il nostro team investigativo può e deve essere più efficace. Gli investigatori italiani devono avere accesso ai documenti sonori e filmati, ai reperti medici, agli atti del processo in possesso della procura di Giza.
Il Governo trasmetterà nuove richieste specifiche e dettagliate su questo attraverso gli opportuni canali diplomatici. Il passare del tempo - ha concluso - non ci farà desistere. Pretendiamo e pretenderemo la verità: credo che lo dobbiamo alla famiglia e alla dignità del nostro Paese».

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