Regeni, gli investigatori italiani: «Il caso non è affatto chiuso»

Regeni, gli investigatori italiani: «Il caso non è affatto chiuso»
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Venerdì 25 Marzo 2016, 12:18 - Ultimo aggiornamento: 16:35
Fonti di palazzo Chigi fanno sapere di seguire da vicino gli sviluppi della vicenda Regeni. Il governo italiano continua ad essere determinato, spiegano le stesse fonti, affinchè le indagini in corso facciano piena, totale luce, senza ombre o aloni sulla morte del giovane ricercatore italiano «Il caso non è affatto chiuso. Non c'è alcun elemento certo che confermi che siano stati loro».

Investigatori ed inquirenti italiani impegnati nell'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni sollevano diversi dubbi sulla 'svoltà arrivata dall'Egitto, ricordando che nonostante siano passati due mesi dalla scomparsa del ricercatore, le autorità italiane sono ancora in attesa di riceve dal Cairo alcuni documenti e atti dell'inchiesta egiziana, ritenuti fondamentali. Sono almeno tre le incongruenze nella ricostruzione del Cairo, secondo inquirenti ed investigatori. Il primo dubbio è legato proprio al ritrovamento dei documenti di Regeni: non è credibile, sottolineano fonti qualificate, che una banda di sequestratori e rapinatori abbia conservato per mesi passaporto e telefoni, con il rischio concreto di essere scoperti. Chiunque se ne sarebbe liberato all'istante.

Il sospetto, dunque, è che quei documenti siano stati conservati da qualcun altro per poi farli saltare fuori al momento opportuno. Un altro punto che lascia molti dubbi è legato alle sevizie riscontrate sul corpo di Giulio e confermate anche dall'autopsia egiziana consegnata agli inquirenti italiani: perchè una banda che aveva come unico obiettivo quello di rapinare Regeni lo avrebbe torturato per almeno una settimana? Così come non è credibile, secondo le nostre autorità, la vicenda del conflitto a fuoco in cui sono morti tutti coloro che in qualche modo avrebbero potuto fornire informazioni utili. Allo stato, inoltre, non c'è una sola prova accettabile dal punto di vista processuale che consenta ai nostri investigatori ed inquirenti di avere elementi che riconducano l'omicidio del ricercatore ai rapinatori uccisi ieri.

«Dobbiamo continuare a scavare seguendo le nostre piste per trovare prove certe e fugare i dubbi» dicono le fonti, sottolineando che ad oggi l'Egitto non ha ancora risposto a due richieste ritenute fondamentali: la consegna di tutte le immagini delle telecamere della zona dove abitava Giulio e delle due stazioni della metropolitana che avrebbe dovuto utilizzare la sera della scomparsa - che gli egiziani dicono essere state cancellate o non utili ma che i nostri investigatori vogliono comunque visionare - e la consegna dei tabulati con l'elenco dei telefoni che il 25 gennaio hanno agganciato la cella che copre la zona dove abitava il ricercatore e di quelli contenenti i cellulari che il 3 febbraio hanno impegnato la cella dove è stato ritrovato il cadavere di Giulio.

La famiglia Regeni chiede su Facebook 'verita' per Giulio Regenì.
Irene, la sorella del ricercatore italiano, ha postato sul suo profilo una foto insieme a papà Claudio e mamma Paola, dove espongono la bandiera gialla di Amnesty International con la scritta 'verità' per Giulio Regenì.
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