E’ già stato dimostrato che c’è un diretto collegamento con i “colpi di sonno” al volante, e la National Transportation Safety Board – l’ente federale che controlla la sicurezza dei trasporti - sostiene anzi che è la seconda causa di incidenti automobilistici, subito dopo i “momenti di distrazione” (ad esempio telefonare). Il recente incidente ferroviario avvenuto a New York, che ha causato la morte di quattro persone e il ferimento di altre decine di passeggeri, pare sia stato causato da un colpo di sonno del macchinista, e si sospetta che l’individuo soffra proprio di questo disturbo.
L’Amministrazione sospetta dunque che esista un rischio anche per i trasporti aerei, anche se ovviamente questo è infinitamente più severo per le migliaia di aerei a pilota singolo che attraversano i cieli americani, che non per i grandi voli di linea dove in cabina di pilotaggio ci siano due piloti.
L’industria aerea e i sindacati dei piloti ricordano dal canto loro che non esiste alcuna prova che ci siano stati incidenti mortali per colpa dell’apnea del sonno. Spiegano che il provvedimento costerebbe 3 mila dollari a pilota, e costituirebbe il primo caso di test “preventivo”, cioé un’intrusione nella privacy dell’individuo. E chiedono che invece del decreto con effetto immediato, la riforma sia regolata da una vera e propria legge, che richiederebbe più studi e l’ascolto di esperti di tutte e due le parti, e soprattutto prenderebbe molto più tempo.
Tuttavia, se è vero che non ci sono prove di conseguenze fatali nell’aviazione civile, ci sono stati casi provati in cui l’apnea ha influito su incidenti che avevano la potenzialità di diventare catastrofi. Basti citare quello del 2009, quando un volo diretto da San Diego a Minneapolis, con 144 persone a bordo, ha continuato in “pilota automatico” quasi 800 chilometri oltre la destinazione prevista perché entrambi i piloti erano caduti addormentati. Uno di loro – è stato poi dimostrato – soffriva di apnea del sonno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA