Pearl Harbor, storica visita del premier giapponese: «Condoglianze eterne»

Pearl Harbor, storica visita del premier giapponese: «Condoglianze eterne»
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Mercoledì 28 Dicembre 2016, 00:26 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 10:53

Shinzo Abe e Barack Obama visitano il USS Arizona Memorial di Pearl Harbor, coronando simbolicamente il crescere dei rapporti fra Stati Uniti e Giappone. Una visita «storica», così la definisce Obama, che mostra «il potere della riconciliazione» e dimostra come le «ferite di guerra possono cedere il passo all'amicizia». Abe presente le sue «condoglianze sincere ed eterne» per le vittime di Pearl Harbor, teatro dell'attacco a sorpresa in cui 75 anni fa persero al vita 2.400 americani e che decretò la discesa degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale.
 

 

«Non dobbiamo mai ripetere l'orrore delle guerra. Questo è l'impegno» afferma Abe, dopo aver deposto una corona di fiori per le vittime. «Il mondo ha bisogno di tolleranza e del potere della riconciliazione» aggiunge il premier giapponese, definendo l'alleanza fra Stati Uniti e Giappone un«'alleanza della speranza». Il tema della riconciliazione è quello cavalcato dai due leader nel momento solenne della visita, la prima di un premier giapponese dal 1951. Come previsto Abe non presenta le proprie scuse per l'accaduto, così come non le aveva presentate Obama a Hiroshima. La presenza di Abe a Pearl Harbor, spiega Obama, «ci ricorda» cosa è possibile raggiungere, mostra che le guerre possono finire e che i nemici possono diventare alleati. La visita mostra come «i frutti della pace sono più pesanti della guerra». Nel corso degli ultimi anni, da quando Abe è salito al potere per la seconda volta nel 2012, le relazioni fra Stati Uniti e Giappone si sono rafforzate. E su queste pesa ora l'incertezza della politica estera di Donald Trump, che rappresenta un test per il rapporto "speciale" fra i due paesi.

Abe ha appoggiato alcune delle politiche spinte dall'amministrazione Obama, nonostante la resistenza interna. Il premier giapponese ha infatti detto sì all'ampliamento del sostegno giapponese alle basi militari americane nonostante la forte opposizione di Okinawa; ha spinto per l'approvazione di norme sulla sicurezza che consentono alle forze armate giapponesi di partecipare a missioni di combattimento all'estero; e ha offerto aiuti non militari nei paesi in cui si combatte contro l'Isis. Un appoggio forte all'amministrazione Obama dettato anche dalla necessità di aver un alleato forte contro la Cina. E Obama da parte sua ha contraccambiato dichiarando ufficialmente - e divenendo il primo presidente americano a farlo esplicitamente - che il trattato di sicurezza vigente obbliga gli Stati Uniti a difendere il Giappone nello scontro sulle isole contese con la Cina.

L'elezione di Trump getta però un'ombra di incertezza. L'approccio del presidente eletto, che ha assicurato un atteggiamento più aggressivo contro la Cina su più fronti, presenta molti rischi per il Giappone, soprattutto se farà scattare una dura risposta di Pechino.
Trump ha anche indicato senza mezzi termini nel corso della campagna elettorale che il Giappone e la Corea del Sud stanno approfittando dell'ombrello di sicurezza offerto loro dagli Stati Uniti. Da qui l'invito del presidente eletto ai due paesi a considerare lo sviluppo di porpri armi nucleari, in uno schiaffo alla politica finora condotta dalla Casa Bianca di Obama. A fronte delle incertezze e dei proclami della campagna elettorale, Abe ha già subito da Trump una delusione, con la bocciatura della Trans-Pacific Partnership, di cui il premier è stato un forte sostenitore sfidando l'opposizione del parlamento giapponese.

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