Panama Papers, migliaia a Downing Street per chiedere dimissioni Cameron. Lui: colpa mia

Protesta contro David Cameron a Downing Street
di Antonio Bonanata
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Sabato 9 Aprile 2016, 15:27 - Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 14:05

Londra come Reykjavík: migliaia di persone sono scese in strada a ridosso di Downing Street per chiedere le dimissioni del primo ministro David Cameron, coinvolto nello scandalo dei Panama Papers per il fondo offshore del padre Ian. La protesta dilaga a Whitehall, fuori dai cancelli che chiudono Downing Street, con cartelli e striscioni con gli slogan «He's Got to Go» (Se ne deve andare), «Defy Tory Rule» (Sfida il potere conservatore). 


Alcuni manifestanti indossano maschere da maiale e ostentano cartelli con foto di Cameron con il naso ritoccato con quello di un suino e la scritta «Greedy Pig» (Ingordo). Un cordone di poliziotti è schierato davanti al cancello della strada con la residenza del premier. Fra i manifestanti notati dai media nella folla, anche la cantante pop Lily Allen.

Il primo ministro inglese, dopo giorni di pressioni mediatiche e politiche, ieri ha finalmente ammesso in diretta tv di aver posseduto una quota nella società off-shore del padre Ian. «Non è stata una gran settimana», ha inoltre detto oggi provocando le risa dei suoi interlocutori, prima di aggiungere: «Avrei dovuto e potuto gestire la vicenda meglio. Ci sono lezioni da imparare e le imparerò. E non date la colpa all'ufficio del 10 Downing Street, o consiglieri senza nome. La colpa è mia».

La notizia dei conti offshore del padre di Cameron era emersa nell’ambito dei “Panama Papers”, lo scandalo finanziario di proporzioni globali che in questi giorni sta facendo tremare le cancellerie di mezzo mondo, toccando decine di politici, capi di stato, primi ministri, ma anche artisti, uomini dello spettacolo e noti personaggi pubblici, Italia compresa. L’inchiesta ha già prodotto qualche risultato: in Islanda, il premier Sigmundur Gunnlaugsson ha dato le dimissioni in seguito ai cortei organizzati per le vie della capitale.

Oggi a Londra si cerca di ottenere lo stesso risultato, o quantomeno spingere Cameron a prese di posizione più forti, come la chiusura delle scappatoie fiscali. I manifestanti si dichiarano pronti a non cedere, anche a costo di restare in strada a protestare per giorni. Sotto l’insegna degli hashtag #ResignCameron (Cameron dimettiti) e #CloseTaxLoopholes (Chiudi le scappatoie fiscali), due eventi Facebook hanno raccolto l’adesione di migliaia di persone e molte altre ancora si sono dette semplicemente “interessate”.  

La manifestazione ha il sostegno di varie personalità della società civile, tra cui Edward Snowden e, appunto, Lily Allen.
«Il primo ministro ci prende per stupidi?» si domanda sulla pagina di uno degli eventi Abi Wilkinson, tra gli organizzatori delle manifestazioni. «Predica di ‘scelte difficili’ – continua Wilkinson – mentre taglia il fondo di finanziamento alle prestazioni di invalidità, assistenza sociale e altri servizi essenziali. Ora scopriamo che è intervenuto personalmente per coprire i trust off-shore da un giro di vite dell’Unione europea destinato a contrastare il riciclaggio di denaro».

In un altro post è indicato esplicitamente che la fine delle proteste coinciderà con le dimissioni del leader conservatore. Nell’intervista concessa ieri al canale Itv news, Cameron ha dichiarato che nel 2010, prima di entrare a Downing Street, vendette per 30mila sterline la sua quota di partecipazione alla Blairmore Investment Trust (la società del padre, scomparso sei anni fa), «proprio perché – ha scandito – se fossi diventato primo ministro non volevo che qualcuno pensasse che avessi un’agenda segreta».

Con queste parole, il premier spera di chiudere al più presto una vicenda che lo ha fin troppo danneggiato: si è affrettato a precisare, infatti, che non ha
«nulla da nascondere». La vicenda del coinvolgimento nei “Panama Papers” rischia però di trasformarsi in un boomerang per Cameron, a poche settimane dal referendum sulla “Brexit”, previsto per il prossimo 23 giugno. Fortemente voluta dal premier inglese, la consultazione popolare è una vera incognita per il futuro del Regno Unito; su di essa il leader dei Tories si sta giocando il suo futuro politico e si batterà fino all’ultimo perché passi la linea del “no”, quella europeista. Ma questa battaglia si intreccia con la lotta di potere per conquistare la leadership nel partito conservatore: molti avversari di Cameron, infatti, stanno cavalcando l’onda anti-Ue per trarne benefici a livello nazionale.

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