Pakistan, famiglia cristiana non si converte all'Islam: ragazza di 17 anni stuprata davanti al fratello

Pakistan, famiglia cristiana non si converte all'Islam: ragazza di 17 anni stuprata davanti al fratello
di Federica Macagnone
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Venerdì 7 Ottobre 2016, 21:45 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 17:36
Si erano rifiutati di rinunciare al loro Dio, anche al cospetto della violenza: erano cristiani e non avevano alcuna intenzione di convertirsi all'Islam. Un libero arbitrio impossibile da accettare per quei fanatici che hanno fatto della ferocia senza limiti il loro unico credo. Per questa famiglia pakistana, finita nel mirino di una gang di musulmani pakistani, non c'è più pace dal giorno in cui la loro vita è stata sconvolta: due dei loro figli, Arif, 20 anni, e Jameela,17, sono stati rapiti e torturati. La ragazza è stata violentata, mentre il fratello è stato costretto a sentire le sue urla disperate. Un orrore dal quale lui è riuscito a scappare, lasciando dietro di sé la sorella che da allora risulta dispersa.

La storia è stata resa nota dal British Pakistani Christian Association che sta assistendo la famiglia a Kasur, città del Pakistan situata nella provincia del Punjab. Secondo il racconto dell'associazione, gli uomini della gang avevano preso di mira la famiglia, che vive in una casa di fango: avevano saputo che erano cristiani e da allora li avevano tormentati. Prima hanno usato la violenza verbale, ma ben presto la banda è tornata a minacciarli con pistole e pali di metallo: o si convertivano all'Islam o sarebbero morti. Tuttavia nessuno di loro ha rinnegato il proprio Dio, scatenando la ferocia degli aguzzini che hanno bendato tutti i membri della famiglia, trascinando via Arif e Jameela: il ragazzo è stato torturato ed è stato costretto a sentire il pianto disperato della sorella che veniva violentata nella stanza accanto.

La mattina dopo è riuscito a fuggire e tornare alla sua famiglia, ma di Jameela si sono perse le tracce. «Ora inizieremo l'arduo compito di aiutare a ricostruire le loro vite in un clima di sicurezza – ha detto Wilson Chowdry, presidente della British Pakistani Christian Association – Tuttavia è difficile andare avanti, visto che di Jameela non ci sono notizie. La famiglia vive in un clima di angoscia e disperazione. Questi despoti musulmani possono rapire ragazze cristiane impunemente: è una sventura per la reputazione internazionale del Pakistan».

I cristiani costituiscono circa il 4 per cento della popolazione del Pakistan e tendono a mantenere un basso profilo in un Paese dove i musulmani sunniti vedono cristiani e sciiti come eretici. Una paura confermata dalla quasi totale assenza di tutela da parte dello Stato. Basti pensare al caso di Asia Bibi, contadina del Punjab, che si trova attualmente nel carcere femminile di Multan: arrestata a giugno del 2009 per blasfemia, dopo un litigio con delle colleghe nei campi, è stata condannata a morte nel novembre 2009, verdetto confermato in appello nel 2014. A luglio 2015 la Corte Suprema ha sospeso la pena e disposto il riesame del caso: il 13 ottobre la Corte Suprema del Pakistan, nella sua sezione di Islamabad, ha fissato l’udienza per esaminare la vicenda. 
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