Nucleare Iran, l'ira di Israele: «L'opzione militare resta sul tavolo»

Nucleare Iran, l'ira di Israele: «L'opzione militare resta sul tavolo»
di Eric Salerno
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Venerdì 3 Aprile 2015, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 08:32
GERUSALEMME - L'opzione militare resta aperta per Israele. L'accordo raggiunto a Losanna non piace al premier israeliano Netanyahu e ai suoi improbabili alleati arabi, come l'Arabia saudita e i paesi petroliferi del Golfo. «Le potenze del 5+1 hanno ceduto ai dettami iraniani e l'accordo condurrà solamente alla bomba nucleare di Teheran. È un errore storico», il primo commento giunto da fonti israeliane. E poco prima dell'accordo di Losanna Netanyahu aveva twittato: «Ogni accordo deve riportare indietro in maniera significativa le capacità nucleari dell'Iran e fermare il suo terrorismo e la sua aggressione». Nello stesso messaggio compare una mappa del Medio Oriente con la scritta «Le aggressioni dell'Iran durante i negoziati nucleari». Se Israele, l'unica potenza nucleare della regione, teme un'intesa che possa consentire all'Iran di aggirare i controlli internazionali e sviluppare un ordigno nucleare nel giro di pochi mesi, il mondo arabo sunnita vede nell'accordo un possibile sdoganamento del regime di Teheran e il suo rientro legittimo nei giochi regionali.



Il Medio Oriente è in fiamme. Le turbolenze seguite alla primavera araba hanno ceduto il passo al conflitto indiretto tra i musulmani sciiti, protetti e spesso armati dall'Iran e i musulmani sunniti che hanno nell'Arabia saudita il loro maggiore sostenitore. L'intervento saudita (e di una vasta coalizione di stati arabi) in Yemen fa parte dello scontro. «Faremo il necessario per la nostra sicurezza» ha affermato l'ambasciatore di Riad a Washington Adel al-Jubeir rispondendo alle voci che i sauditi potrebbero entrare nel club nucleare (si parla già di possibile intesa con il Pakistan) se l'accordo di Losanna non fosse sufficiente per bloccare i progetti iraniani. Teheran nega di voler la bomba ma né Israele né l'Arabia saudita sono convinti delle intenzioni pacifiche del loro antagonista. Nel dubbio questi sue paesi, formalmente in guerra tra di loro, hanno stretto un'alleanza operativa.



LA COALIZIONE

L'Arabia saudita ha messo insieme una coalizione di Stati arabi sunniti per bloccare l'azione dei ribelli Houthi in Yemen. Sono sciiti e anche se agiscono in proprio avrebbero ricevuto armi da Teheran. Il timore degli arabi è che possano arrivare a controllare l'accesso meridionale al mar Rosso e bloccare il canale di Suez con enorme danno per l'Egitto. Netanyahu ha fatto della questione iraniana il suo cavallo di battaglia ma timori e preoccupazioni non sono soltanto sue. Tutti i politici israeliani concordano sulla necessità di bloccare il nucleare di Teheran. Divergenze, invece, si leggono nelle analisi dei capi dell'Intelligence per i quali un accordo - forse quello che sta emergendo da Losanna - potrebbe essere sufficiente anche se non perfetto. Netanyahu, l'altro giorno, ha insistito sul fatto che la "più grande minaccia al nostro futuro e alla nostra sicurezza è e resterà lo sforzo iraniano di dotarsi di armi nucleari". L'accordo, a suo giudizio, ridurrebbe a meno di un anno il tempo necessario all'Iran per produrre un ordigno nucleare.



LE MINACCE

Gli ha fatto minacciosamente eco il ministro per l'Intelligence Yuval Steinitz parlando dell'opzione militare. A chi gli faceva notare possibili obiezioni americane a un attacco unilaterale, Steinitz ha ricordato come nel 1981 Israele bombardò il reattore nucleare iracheno di Saddam Hussein senza informare Washington. Le sue minacce di Steinitz, uomo molto vicino a Netanyahu, sono state accompagnate da un'insolita serie di interventi sulla stampa di Tel Aviv riguardo le capacità militari israeliane. L'altro giorno ai giornalisti è stato mostrato l'ultimo sommergibile aggiunto alla flotta. Un'arma strategica con missili che potranno raggiungere i "nemici d'Israele" sempre e ovunque. Per Amir Eshel, nuovo capo dell'aviazione, l'unico vero ostacolo a un attacco preventivo a sorpresa contro un nemico è convincere il mondo della giustezza dell'azione. Israele, ha detto, non è più debole come nel 1967.