Netanyahu alla Ue: «Ridefinire Hamas come organizzazione terroristica. L'Europa non ha imparato nulla dall'Olocausto»

Netanyahu alla Ue: «Ridefinire Hamas come organizzazione terroristica. L'Europa non ha imparato nulla dall'Olocausto»
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Mercoledì 17 Dicembre 2014, 15:50 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 16:27
«Israele non accetta i chiarimenti dell'Ue, che la decisione del tribunale su Hamas sia soltanto un tema tecnico».

Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu citato dai media. «Ci aspettiamo - ha aggiunto - che l'Ue prontamente ridefinisca Hamas come organizzazione terroristica».





«Ci sono troppe persone in Europa, sulla terra dove sono stati massacrati sei milioni di ebrei, che non hanno imparato nulla». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu usa parole durissime per criticare quanto avvenuto alla Convenzione di Ginevra, dove è stata chiesta un'inchiesta nei confronti di Israele e in Lussemburgo, dove il Tribunale dell'Unione europea ha annullato la decisione del Consiglio Ue di inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. «Oggi abbiamo assistito a due esempi del pregiudizio europeo. A Ginevra si chiede un'inchiesta contro Israele per crimini di guerra, mentre in Lussemburgo la Corte europea ha rimosso Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche», ha detto Netanyahu all'inizio del suo incontro con la senatrice Usa Joni Ernst, secondo quanto riporta Haaretz. «L'amicizia che vediamo provenire dagli Stati Uniti purtroppo è in completo contrasto con quanto vediamo in Europa», ha aggiunto il premier israeliano.



Netanyahu ha poi sottolineato che Hamas è «parte inseparabile» della lista delle organizzazioni terroristiche e che la sua Carta specifica «come obiettivo la distruzione di Israele». «Continueremo a combattere Hamas con forza e determinazione in modo che non raggiunga mai il suo scopo». Nell'ambito della decisione assunta dall'Ue, il rappresentante dell'Europa in Israele Lars Faaborg-Andersen è stato convocato al ministero degli esteri a Gerusalemme per dare spiegazioni sulla mossa europea.




«Lo status quo tra Israele e palestinesi non è sostenibile». Intanto il segretario di Stato usa John Kerry, dopo aver visto il premier israeliano Benyamin Netanyahu a Roma, si è incontrato oggi a Londra col capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, per convincere la leadership palestinese a non portare in Consiglio di Sicurezza dell'Onu una risoluzione che chiede il ritiro di Israele dai territori occupati entro due anni. I risultati non appaiono però incoraggianti. Dopo la riunione di Londra, una fonte palestinese ha fatto sapere da Ramallah che Kerry ha preannunciato che, se il documento verrà messo al voto, gli Usa apporranno il veto, mentre i palestinesi hanno affermato che non importa, andranno avanti comunque.



Con i negoziati diretti interrotti da aprile, i palestinesi si preparano a presentare il testo all'Onu nei prossimi giorni, attraverso la Giordania, e Netanyahu aveva esplicitamente chiesto a Kerry di apporre il veto. Pubblicamente, il capo della Diplomazia americana non ha però ancora detto si, anche perchè un voto del genere susciterebbe ancora una volta il risentimento degli alleati arabi degli Usa, molti dei quali sono ora peraltro impegnati in maniera attiva anche nella coalizione anti-Isis.



Intanto la Francia ha a sua volta avviato un tentativo di mediazione con una sua proposta di risoluzione che chiede il ritorno al tavolo negoziale a israeliani e palestinesi per giungere in due anni un accordo sulla soluzione dei due Stati. Netanyahu è tuttavia contrario anche a questa prospettiva. «Ho detto al presidente francese Francois Hollande che giudico questa mossa negativa» e «contraria ad un accordo di pace e a futuri negoziati», ha affermato oggi.



Nelle ultime ore Kerry ha visto a Roma il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov e il giorno dopo Netanyahu e il premier Matteo Renzi. Poi, sulla via per Londra, ha fatto scalo a Parigi, dove in una saletta riservata dell'aeroporto di Orly si è incontrato con i ministri degli esteri francese Laurent Fabius, britannico Philip Hammond, e tedesco Frank Walter Steinmeier. E ha anche parlato al telefono con il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukri, mentre oggi in agenda aveva incontri a Londra con Erekat, con il segretario generale della Lega Araba Nabil el Arabi e con l'emissario del quartetto internazionale per il Medio Oriente Tony Blair. Il tutto sullo sfondo del voto dei parlamenti di Portogallo, Francia, Spagna Gran Bretagna e Irlanda che chiedono ai rispettivi governi di riconoscere la Palestina, come ha già fatto il governo svedese. Una fuga in avanti che ha irritato il premier israeliano, il quale in una nota ha affermato che «i tentativi di palestinesi e diversi Paesi europei di imporre condizioni a Israele porteranno solo a un deterioramento della situazione regionale e metteranno Israele in pericolo».



E anche il suo ministro degli esteri Avigdor Lieberman lo ha incalzato affermando che se Israele non prende l'iniziativa e non presenta un piano diplomatico, le sue relazioni con i Paesi occidentali sono a rischio. «Non dobbiamo restare con le mani in mano», ha detto.
L'ambasciatore della Giordania all'Onu, Dina Kawar, ha fatto intanto sapere di non avere fretta di presentare la risoluzione palestinese al Consiglio di Sicurezza. «Kerry si sta incontrando in Europa con diversi ministri e aspettiamo di vedere cosa succede», ha detto, dando così al segretario di Stato americano del tempo prezioso per portare avanti la sua complicatissima missione. Ma da Ramallah, un consigliere del presidente Abu Mazen ha invece affermato che la risoluzione sarà messa domani sul tavolo del Consiglio di sicurezza, comunque.
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