Il mistero di hacker e mail rubate dietro la crisi del Golfo Persico

Il mistero di hacker e mail rubate dietro la crisi del Golfo Persico
4 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Giugno 2017, 12:23
Anche dietro la nuova, preoccupante, crisi nel Golfo Persico, c'è l'ombra di un mistero con tutti gli ingredienti della nuova geopolitica, hacker, leak e sospette fake news. Nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti all'annuncio con cui Arabia Saudita, Bahrein, Egitto e gli Emirati Arabi Uniti hanno reso noto il taglio delle relazioni con il Qatar, accusato di finanziare il terrorismo, sono state infatti pubblicate mail rubate all'ambasciatore a Washington degli Emirati, Yousef al Otaiba, considerato l'uomo che ha cementato la forte alleanza tra Washington e Eau nella lotta allo Stato Islamico. Le mail sono state inviate a testate come Daily Beast ed Huffington Post Usa da un gruppo hacker che si è presentato come «GlobalLeaks» e che ha dichiarato l'intento di dimostrare come «piccoli paesi molto ricchi o società usano lobbisti per danneggiare gli interessi americani e quelli dei loro alleati». I documenti pubblicati nei giorni scorsi, con l'ultimi gruppo di mail diffuso proprio ieri, sono principalmente messaggi di Otaiba con interlocutori americani o basati a Washington con cui spinge affinché gli Stati Uniti prendano le distanze politiche dal Qatar. Interpellata dal Daily Beast, l'ambasciata del Qatar a Washington ha confermato che l'indirizzo mail che appare nei messaggi è del capo delegazione, che si muove con grande abilità nei circoli della capitale americana, tanto da essere soprannominato «the most charming man in Washington».

Nell'ultimo gruppo di documenti pubblicati, scrive l'Huffington Post Usa, vi sono mail tra Otaiba e funzionari dell'ex amministrazione democratica, analisti dell'Atlantic Council, think tank che riceve finanziamenti emiratini. Ma anche con Elliott Abrams, diplomatico rimasto coinvolto e condannato per lo scandalo Iran-Contra, poi graziato dal presidente Bush padre e diventato un consigliere influente di Bush figlio. Vicino ad alcuni esponenti dell'amministrazione, Abrams era apparso anche tra i candidati all'incarico di vice segretario di Stato. Nei giorni scorsi erano già state pubblicate le prime mail private di Otaiba, anche all'ex ministro della Difesa delll'amministrazione Obama, Robert Gates, in cui veniva espresso il desiderio che gli Stati Uniti chiudessero la loro base militare in Qatar e criticassero pubblicamente la politica qatarina.

Tra le mail pubblicate dal HuffPost - che afferma di aver confermato l'autenticità di almeno 6 messaggi - una del febbraio 2015 in cui Otaiba inoltrava ad Abrams un post dell'Atlantic Council in cui si suggeriva che il Qatar stesse intervenendo in Egitto a sostegno dei Fratelli Musulmani con l'obiettivo di destabilizzare il governo. Abrams ha confermato di essere amico da anni dell'ambasciatore emiratino e di scambiare con lui mail regolarmente e che «la politica estera del Qatar è oggetto di molte di queste mail, ma dopo 15 anni non abbiamo visto molti cambiamenti nella politica». 

Un'altra delle mail confermata come autentica risale al luglio 2015, quando un analista dell'Atlantic Council raccomandava all'ambasciatore di vedere un documentario sulla bufera per lo scandalo di corruzione che aveva investito la Fifa. «Fifa e Qatar insieme sono il simbolo della corruzione», rispose Otaiba riferendosi al fatto che il paese ospiterà i mondiali di calcio nel 2022. Anche l'analista del think tank Bilal Saab ha ammesso di avere rapporti regolari con il diplomatico, ma si è difeso affermando di averli anche con quelli del Qatar e di aver criticato la campagna per far crescere lo scetticismo nei confronti del Qatar negli Stati Uniti avviata dagli Emirati. Nei messaggi di accompagnamento alle mail, la fonte ha negato ogni relazione con il Qatar, sostenendo invece di essere un sostenitore del presidente Trump per la sua dichiarata politica di mettere gli interessi americani al primo posto. L'intento - ha affermato ancora l'hacker che a volte scrive al plurale, suggerendo che vi sia gruppo di persone dietro il leak - è di dimostrare come gli Emirati hanno cercato di «manipolare i nostri media».

I leak, e il clamoroso strappo diplomatico nel Golfo Persico, sono arrivati infatti dopo settimane di guerra mediatica culminata alla fine di maggio, proprio nei giorni immediatamente successivi alla visita di Trump a Riad, con la decisione di Arabia Saudita ed Emirati di bloccare i siti del Qatar, compresi quello di al Jazeera.
Una mossa in risposta alle dichiarazioni pubblicate dall'agenzia di stampa statale, nelle quali l'emiro qatarino criticava Donald Trump, descriveva l'Iran come una forza di destabilizzazione e minacciava di ritirare gli ambasciatori. Lanci che sono stati denunciati come fake news dal Qatar che ha subito denunciato un attacco hacker ed avviato un'inchiesta per colpire i responsabili. Lo scontro è apparso subito come la punta dell'iceberg delle pressioni a cui è sottoposta l'amministrazione Trump per la revisione della sua alleanza con il Qatar alla luce del suo sostegno ad Hamas ed ai Fratelli musulmani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA