Missione italiana in Niger, restano i dubbi sull’efficacia

di Gianandrea Gaiani
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Mercoledì 27 Dicembre 2017, 00:05
«L’Italia dovrebbe assumere l’iniziativa. Si tratta di agire in fretta per interrompere i flussi migratori illegali. Per noi non è una questione di volontà ma solo di mezzi: si tratta di disporre di fuoristrada e carburante per controllare il deserto ma abbiamo già gli uomini e l’esperienza perché conosciamo bene il territorio».

Questa frase, pronunciata nel giugno 2014 in un’intervista rilasciata all’autore di questo articolo a Niamey da Mohammed Bazoum, all’epoca ministro degli Esteri e oggi ministro dell’Interno del Niger (e indicato da molti come prossimo premier) simboleggia il grave ritardo con cui l’Italia si appresta a intervenire nel Sahel. 
Tre anni e mezzo or sono, mentre Bazoum chiedeva veicoli e carburante per pattugliare i confini con la Libia e impedire i flussi di migranti illegali, il governo Letta aveva varato l’operazione Mare Nostrum che solo quell’anno portò in Italia 170 mila immigrati illegali incoraggiandone altre centinaia di migliaia a partire.
Oggi il governo Gentiloni si appresta a varare una missione militare in Niger di cui non è certa l’utilità, non è chiaro cosa andremo a fare e ci vedrà in posizione subalterna alla Francia. 

La missione in Niger rientra infatti nella Alleanza per il Sahel varata da Parigi aggregando 5 Stati africani sue ex colonie (Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso e Mauritania) ad alcuni Paesi Ue per contrastare jihadisti e traffici illeciti.
L’operazione varata al vertice di Celle Saint Claud, mobiliterà anche contingenti tedeschi, belgi, e spagnoli che con gli italiani consentiranno a Parigi di mantenere il comando delle operazioni riducendo però il suo impegnativo e costoso contingente: 4 mila militari con 500 veicoli e oltre 30 velivoli assegnato all’operazione Barkhane.
Non è però chiaro se i nuovi contingenti Ue saranno autorizzati a combattere o solo ad addestrare le truppe africane. Ambiguità a cui non si sottrae la missione italiana che secondo indiscrezioni vedrà impegnati 470 militari per lo più paracadutisti della Folgore con 150 veicoli.

Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, annunciando l’operazione in Niger a bordo della nave Etna ne ha definito i compiti parlando di «consolidare quel Paese, contrastare il traffico degli esseri umani e il terrorismo». 
Il contingente, composto da «alcune centinaia di uomini», sarà pronto a partire «non appena ci sarà il voto in Parlamento» ha detto il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, aggiungendo però che «non sarà una missione combat: il nostro contingente avrà il compito di addestrare le forze nigerine e renderle in grado di contrastare efficacemente il traffico di migranti ed il terrorismo».

Difficile contrastare terroristi e trafficanti senza combatterne le agguerrite milizie mentre è cosa diversa una missione di puro addestramento delle truppe locali, come quelle della Ue già attive in Malì e Somalia dove però il contributo italiano è limitato rispettivamente a 12 e 123 militari.
Più probabile che le centinaia di soldati schierati in Niger debbano invece pattugliare il confine libico schierandosi nella base francese di Madama, nel deserto a 100 chilometri dalla frontiera e unica postazione in grado di consentire il pattugliamento delle piste utilizzate dai trafficanti. 
Se fosse davvero questa la destinazione del contingente italiano non si potrebbero escludere azioni di combattimento anche perchè i militari diverrebbero potenziali bersagli per attentati e imboscate jihadiste. Su un’area così vasta sarebbero necessari aerei da trasporto, droni, elicotteri, unità del Genio, sanitarie, di mortai e forze speciali che porterebbero a circa un migliaio i militari necessari ad assicurare l’autonomia del contingente dai francesi.

La missione comporterà inoltre un grande sforzo logistico poiché in Niger tutto deve essere portato con gli aerei e l’Italia soffre una cronica carenza di cargo strategici. 

La missione quindi solleva dubbi e interrogativi. L’aspetto paradossale è che ci vedrà subalterni ai francesi, nostri più agguerriti rivali in Libia e che potrebbe risultare inutile ai fini dello stop ai flussi di migranti illegali.
I trafficanti potrebbero aggirare le truppe italiane sconfinando in Algeria per entrare successivamente in Libia dal confine occidentale ma soprattutto Roma avrebbe la possibilità di fermare i traffici migratori a costo zero, chiudendo la rotta libica nel Mediterraneo e riconsegnando i migranti soccorsi in mare alla Guarda costiera libica per il successivo rimpatrio. Solo lo stop all’accoglienza scoraggerà i migranti africani a partire.
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