E nel giro di pochi minuti il Regno Unito, come un vecchio colono più che come capo del Commonwealth, si è tinto di pelle scura, compresi gli angeli della St. George’s Chappel. Sono mesi che ci si è attardati sulle origini afro di Mrs Meghan Markle, oggi principessa del Sussex a tutti gli effetti, ma la sua bellezza e il suo incarnato baciato dal sole avevano confuso le menti e sciolto le malelingue.
E piangeva di un pianto dolce. Dolente. Silente. Piangeva come avrebbe pianto la Mami di Rossella O’Hara se Rossella avesse un giorno gioito. Piangeva come se Meghan non fosse sua figlia, ma un’entità persa per sempre perché salvata dal Dio degli ultimi. Doria Ragland è stata la vera pagina di questo matrimonio. Lei ci ha indicato la strada per capire il senso di “Stand by me” interpretato da un coro gospel non solo con la voce, ma da gesti di spalle e di anche. Lei ci ha fatto accettare la performance ineffabile del reverendo nero Michael Curry. Che inneggiando dall’iPad al potere dell’amore, «se l’amore fosse la via la povertà diventerebbe storia» si è sentito il Martin Luther King del Millennium, castigatore di tutto il prodotto interno lordo concentrato in quella Chiesa. Ci ha fatto sorridere della cappellana della Regina, un donnone di colore, ça va san dire, che ha letto un altro passo. Abbiamo raccolto negli occhi fondi e lucidi di Mrs Ragland gli echi di una lotta di classe che in verità oggi è stata soppiantata da altre forme di razzismo. Ma ieri, in quel frangente, andava sottolineata come fosse il copione di un film buonista diretto da Clint Eastwood, sperando sia piaciuto a quel mattacchione di Clooney, presente alle nozze e mal vestito. A differenza dell’incantevole moglie.
Ah, il violoncellista! Vogliamo dimenticare Sheku Kanneh-Mason, vincitore di svariati premi, che ha chiuso con l’”Ave Maria” di Schubert? Ma se avesse suonato un artista biondo con gli occhi chiari avrebbe fatto torto a qualcuno? La parte americana di Meghan non si sarà sentita offesa, esclusa, e messa da parte ieri? La Rossella o’Hara che è in lei, ragazza ambiziosa e volenterosa, non avrà scalpitato davanti a tanta Africa emozionata come se gli schiavi d’America fossero ancora piegati nei cotton fields? E la cognata Kate con la sorella Pippa e i ricchi banchieri, che con disappunto li guardavano mischiarsi alle loro carnagioni bianche e alle ginocchia sottili? Forse è stato anche così, ma chi ha pensato di sfidare la contemporaneità costruendo una Harlem di cartone forse si è sbagliato. C’è un popolo fuori che sente odore di bruciato. Sa discernere. Agita tazzine con il volto degli sposi e bandierine del Regno, ma ha legge nel cuore e nella tradizione.
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