Marine Le Pen: cambio nome al Front National. Ed è "rissa" con il padre

Marine Le Pen: cambio nome al Front National. Ed è "rissa" con il padre
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Lunedì 8 Maggio 2017, 10:38

PARIGI Marine Le Pen vuole fare in fretta, vorrebbe che fosse già domani. Il discorso è breve, secco, ma senza segni di avvilimento. Anche la stanchezza apparsa alla fine della campagna, con l'ultimo messaggio di venerdì sera, sembra passata. Battuta ma non abbattuta, commentano tutti. Pronta a riaprire la battaglia, a rifondare l'estrema destra, a liquidare definitivamente l'eredità pesante del padre Jean-Marie.
La tribuna è sistemata nella sala circolare dello Chalet du Lac, villino romantico nel verde del Bois de Vincennes alle porte di Parigi, in genere destinato alle cerimonie, ai matrimoni, alle danze, alle feste. Le facce sono lunghe.
SUBITO BATTAGLIA
Le Pen invece ha ritrovato le forze, pensa già alla battaglia per le legislative, tra un mese, pensa soprattutto alla battaglia che l'aspetta con i suoi, dentro il Fronte nazionale, dove la resa dei conti troppo a lungo rinviata ormai è arrivata. Esordisce con un omaggio repubblicano: «Ho telefonato a Emmanuel Macron per congratularmi, naturalmente». Naturalmente non proprio, visti i toni accesi della campagna, culminati con lo scontro del testa a testa in Tv. Ma Le Pen ha fretta di voltare pagina. In fondo la sconfitta l'aveva digerita in anticipo.
Forse aveva sperato di essere più vicina al 40 per cento, ma guarda già avanti. Saluta «un risultato storico e massiccio», ringrazia «gli undici milioni di francesi che mi hanno dato fiducia» e che fanno partire gli applausi e sventolare i tricolori distribuiti all'ingresso. Il servizio di sicurezza è imponente. Fuori stazionano molti giornalisti: lo staff ha rifiutato molti accrediti e molti giornali, tra cui Le Monde e Libération, decidono di non entrare in segno di solidarietà.
Dentro Marine Le Pen ha ritrovato i toni che le calzano meglio: quelli della battaglia senza bisogno di convincere troppo al di là del proprio campo. Ringrazia «Nicolas Dupont Aignan», l'unico alleato che il fronte abbia mai avuto, per la sua «scelta coraggiosa». Ma in tv, Dupont Aignan sta già dicendo che vuole recuperare la sua libertà e che il suo partito andrà da solo alle prossime legislative. Pazienza, molti nemici, molto onore. Marine le Pen si autoproclama comandante «della prima forza di opposizione al progetto del nuovo presidente». Gli altri partiti sono «discreditati» visto che si sono uniti al coro in favore di Macron.
IL CASO
Resta solo il Fronte. Anzi, solo Marine, perché «il Fronte Nazionale deve rinnovarsi profondamente per essere all'altezza di questa opportunità storica e delle aspettative dei francesi». E lancia subito la sfida, al partito, al padre: «Proporrò di avviare una trasformazione profonda del nostro movimento per costituire una nuova forza politica che tanti francesi chiedono». Ma Jean-Marie Le Pen non si lascerà facilmente mettere da parte. Critica subito la campagna della figlia: «Non doveva parlare dei problemi dell'euro, dell'Europa, della pensione a 60 anni». Marine, dice, «ha carattere, non glielo si può negare», ma per essere presidente della Francia «servono anche altre qualità».
E' guerra aperta, di nuovo, tra la figlia e il padre, espulso dal partito ma a cui nessuno può togliere il titolo di presidente d'onore. Per questo la figlia vuole cambiare il nome, il suo non può, almeno quello del partito. Lo conferma il numero due del Fronte, Florian Philippot, autore e simbolo del nuovo corso, più sociale. «Philippot dovrebbe essere discreto vista la sconfitta di stasera - dice Le Pen padre - Non può proporre un cambiamento di nome, non è che un ospite in questa casa».
«E' l'opinione di un cittadino come un altro, è stato escluso dal partito. Al secondo turno delle presidenziali aveva ottenuto il 18 per cento dei voti, non credo che abbia lezioni da dare - liquida Philippot - Adesso adora l'Unione europea? E' la sua nuova linea? E' un problema suo, noi siamo sovranisti e siamo fieri di esserlo».
LO SCONTRO FINALE
Ma la lotta finale sembra cominciata. Prende la parola anche Marion Maréchal le Pen, la terza generazione. «C'è una parte di delusione - dice - Adesso dobbiamo riflettere, dobbiamo capire perché non siamo riusciti a imporre l'idea che questa elezione era un referendum pro o contro la Francia». Litigano tutti, ma ormai è tardi.
Emmanuel Macron, è presidente, ha già parlato al Louvre. Allo Chalet du Lac i giornalisti se ne sono andati, anzi, sono stati invitati ad andarsene. Dalle dieci, sono rimasti dentro solo Marine Le Pen, i sostenitori più fedeli, i suoi collaboratori. Qualche immagine arriva sui social network. Lo Chalet è tornato ad essere una sala da ballo: luci stroboscopiche, musica disco e sulla pista, Marine Le Pen, ride e balla.
Francesca Pierantozzi
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