Mariam uccisa dalle bulle, il papà: «Ho paura per i miei figli»

Mariam uccisa dalle bulle, il papà: «Ho paura per i miei figli»
di Raffaella Troili
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Martedì 27 Marzo 2018, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 16:33

Quattro ragazze sono indagate per la morte di Mariam Moustafa, la giovane italiana vissuta a Ostia fino a quattro anni fa e pestata a morte da un branco di bulle a Nottingham il 20 febbraio scorso. Una di loro, Teesha, sarebbe agli arresti domiciliari le altre libere in attesa del processo. Altre due avrebbero solo partecipato con parole offensive all'aggressione iniziata in Parliament street e continuata sul bus a due piani su cui si era rifugiata Mariam. «Ti ammazzo bastarda, non abbiamo ancora finito». Una violenza ripresa dalle ragazze stesse che ha fatto il giro del mondo, scosso le diplomazie egiziana ed italiana.

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Un episodio su cui ancora molto resta da chiarire, a cominciare dalle varie responsabilità (l'ospedale, l'autista che ha aperto alle bulle, la società di trasporti, la polizia) sostiene Hatim Dawod Moustafa, 50enne, egiziano, padre della vittima, che ora si aspetta giustizia dal Regno Unito. Non fa niente se il corpo della figlia dovrà restare in ospedale a disposizione dell'autorità giudiziaria 12 settimane, e così la famiglia dovrà aspettare ancora molto prima di poter seppellire la giovane (secondo la religione musulmana non deve passare più di una settimana). È più importante la verità. «Ma perché le hanno rimandate a casa. Come possiamo vivere così - si chiede Hatim Dawod - mia figlia morta, le assassine libere e noi chiusi in casa, abbiamo paura, ho altri due figli, ma anche io ho timore di trovarmele davanti. Sono il papà, se fosse al posto mio, come si comporterebbe? Quelle ragazze sono pericolose per tutti in città, si vede da come hanno agito nonostante le telecamere, non hanno paura di niente». Mariam, che aveva problemi al cuore, è stata dimessa nonostante stesse male. È morta dopo 20 giorni di coma.

I TESTIMONI
Hatim Dawod non ha dubbi. «Anche la polizia ora dopo aver ascoltato un testimone nuovo dice che al 70/80 per cento siamo di fronte a un caso di razzismo al contrario, contro i bianchi, ecco, mia figlia era con un ragazzo nero e forse anche quello può aver dato fastidio. Anche un'altra volta era stata aggredita assieme a una ragazza chiara, bionda. I testimoni hanno riferito senza ombra di dubbio: la volevano ammazzare. Ci sono foto, video, è tutto chiaro, allora mi chiedo perché prendere tempo». La banda avrebbe risposto no comment alle domande degli investigatori. Due di loro già ad agosto avevano aggredito Mariam e sua sorella. «Non sto più tranquillo qui».
 

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