Mandela, con il suo nome ha disarmato i cattivi della Terra

Nelson Mandela
di Vincenzo Cerami
3 Minuti di Lettura
Sabato 7 Dicembre 2013, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 08:26
L’articolo che qui pubblichiamo un inedito del grande autore romano, scomparso lo scorso 17 luglio. Era stato scritto un anno fa per il Messaggero, giornale di cui Cerami è stato a lungo collaboratore e anche redattore.



Ogni tanto nascono uomini e donne che sono toccati dalla grazia. Nelson Rolihlahla Mandela è uno di loro, un benemerito dell’umanità.



Il suo destino era già scritto nel nome datogli dai genitori: Rolihlahla, “colui che combina guai”. E di guai agli esseri più cattivi della terra come i feroci razzisti del suo paese, il Sudafrica, ne ha causati tanti, fino a disarmarli, sia materialmente che ideologicamente. Gli strumenti che sono serviti alla sua rivoluzione sono stati la ferrea fedeltà ai principi della democrazia e la sua resistenza fisica, che ha sopportato malversazioni, insulti, aggressioni e 27 anni di galera. La lotta all’apartheid, a cui ha dedicato l’intera esistenza in nome dei diritti umani, ancor prima di quelli civili, politici e sociali, è stata, per più di mezzo secolo, un punto saldo di riferimento e di speranza per i neri che in tutto il pianeta si ribellavano alle ingiustizie e alle crudeltà del razzismo. In Sudafrica la politica dell’apartheid aveva trovato una sua raccapricciante formalizzazione legislativa, con tanto di segregazione e deportazioni, violenze e disprezzo.



Norme precise vietavano ai neri di frequentare gli stessi luoghi e perfino gli stessi marciapiedi dei bianchi. Non potevano giovarsi neppure del minimo diritto civile, erano loro vietati rapporti sessuali misti, non avevano la libertà di organizzarsi sindacalmente (ogni volta che alcuni si riunivano venivano arrestati con la pretestuale accusa di comunismo). Le belle case dei padroni bianchi erano fortezze protette da uomini armati, mentre loro faticavano a trovare un tetto e un pasto. Nelson Mandela, grazie alla testardaggine e all’instancabile dedizione alla conquista della libertà, non si è mai scoraggiato. Ha passato i suoi anni migliori nel buio di una prigione riuscendo a far sentire la sua voce anche quando gli era impedito di parlare. Intanto, nel mondo, giorno dopo giorno, diventava un mito, il simbolo della liberazione definitiva dagli antichi e sanguinosi pregiudizi nati con lo schiavismo.



Nel 1993, dopo la sua scarcerazione e la fine dell’apartheid, gli fu attribuito il prestigioso Premio Nobel per la pace. Fu un riconoscimento tardivo, giunto quando la sua battaglia, condotta sotto il simbolo del suo Partito, l’“African National Congress”, era praticamente vinta. Infatti l’anno successivo, il 27 aprile del 1994, Mandela viene eletto Capo dello Stato: si spalancano le porte della democrazia e della libertà. Da allora l’ANC non ha mai perso un’elezione e il Sudafrica ha finalmente potuto ritrovare la sua dignità di nazione civile. Negli ultimi anni Mandela, dopo aver coronato il suo sogno politico, ricevendo mille onorificenze in mezzo mondo, ha potuto spostare ogni attenzione sui pesanti problemi sociali del paese. Ha, tra l’altro, concentrato i maggiori sforzi per vincere un’altra dura guerra, quella contro la piaga dell’Aids.



Eroismo e fiducia Più che mai in questi tempi difficili, incerti, e spesso cinici, la figura di Nelson Mandela, così mite e dolce nel suo modo di essere, rappresenta un esempio di eroismo e di ostinata fiducia per un futuro migliore. Ha vinto partendo dalle macerie e dagli abissi di una prigione, senza mai perdersi d’animo. In quasi tutto l’altro secolo ben pochi avrebbero scommesso sulla sua folle impresa. Generazioni e generazioni di democratici, bianchi e neri, l’hanno considerato un grande utopista, come furono Lincoln e Luther King. E proprio questo lato di sognatore pragmatico, che ha sfidato se stesso e l’impossibile, rende la sua immagine universale, segnandolo come simbolo del bene, che ovunque e in ogni tempo, riesce a vincere il male.
© RIPRODUZIONE RISERVATA